Recensione de “La clavicola di San Francesco” di Daniele Nadir

La clavicola di San Francesco” di Daniele Nadir

In viaggio verso un’utopia

La clavicola di San Francesco” di Daniele Nadir edito da 21lettere è un romanzo molto originale e avvincente, in cui si intrecciano diversi piani temporali, che non vanno a scapito di nulla, né della suspence né della storia, anzi.

L’idea, come mi ha detto lo stesso Nadir durante un’intervista, è nata con l’acquisto di unatovaglietta rigida al mercatino delle pulci. L’illustrazione, con decine di animali in piccole stanze dentro una collina, aveva solleticato la sua fantasia. “La clavicola di San Francesco” di Daniele Nadirè un romanzo di avventura e di amicizia il cui fil rouge è il mondo animale, o meglio, la visione che i protagonisti hanno di quel mondo.

La parte iniziale è quella che mi ha colpita maggiormente.  Attraverso l’infanzia dei personaggi, si prepara il lettore ad una storia appassionante, in cui il carattere e le emozioni dei singoli determinano il corso della storia. Le birichinate dei Sette bimbi in orfanotrofio, il rapporto con i frati, l’adolescenza segnata, l’amicizia come “casa”, cioè unico punto di riferimento concreto, rendono i ricordi del protagonista, una delle parti più belle e meglio riuscite del romanzo. 

La spontaneità che caratterizza la prima parte del romanzo, si perde nel corso della storia, per far posto all’avventura, alle emozioni e alle vicende dei personaggi, che si misurano con un contesto irreale, a tratti  “innaturale”.   

Descrizioni lunghe e minuziose rendono a volte la lettura poco lineare, rischiando di disorientale il lettore rispetto alla verve che caratterizza la prima parte del romanzo. Non so quale parte l’autore abbia rivisto, quale riscritto dopo, quale rimaneggiata, sta di fatto che la discontinuità del ritmo ad un certo punto si inizia a percepire.  

Ciò che a mio avviso è meraviglioso, e rende il romanzo molto bello ed unico nel suo genere, è il linguaggio. Daniele Nadir ha uno stile originalissimo che gli consente di mixare ad arte in una frase di poche parole ironia, citazioni, emozioni, fatti e riflessioni. Tutto ciò, senza mai staccare la cinepresa dalla spalla. Eh sì, perché una delle cose che mi ha particolarmente affascinata di questo giovane scrittore è la sua capacità di raccontare il dettaglio facendo vivere la storia. L’autore lascia poco all’immaginazione, le cose le vediamo e le sentiamo! E scusate se è poco. Ecco, il suo stile e il suo linguaggio mi hanno completamente rapita. Inoltre, quando l’autore dice di aver messo le mani sul romanzo tante volte, ci credo. C’è un lavorone dietro, e si percepisce in ogni singola pagina.

La clavicola di San Francesco” di Daniele Nadir

Il protagonista, Fabio, alter-ego di Daniele Nadir, inizia un viaggio appassionante e sconvolgente in compagnia di Giulia, “un’amica di orfanotrofio”. Entrambi vanno alla ricerca di Seb, fratello di Giulia e amico di Fabio, scomparso nel terremoto di Assisi diciannove anni prima.

I due iniziano percorsi avventurosi alla ricerca di Seb. Si muovono fra Torino, Siracusa, le colline umbre, la Biblioteca Apostolica Vaticana e i Mari del Nord. A mano a mano che le ricerche vanno avanti e ci si avvicina alla verità, si palesa al lettore un mondo sconosciuto, dove regna l’utopia, la follia…

Seb, diventato negli anni “frate Elia”, inizia ad isolarsi dal resto del mondo, fino al giorno del terremoto di Assisi nel 1997. Inizialmente i due amici pensano che sia morto nel terremoto, ma le macerie non restituiscono il corpo. Una serie di indizi portano Fabio e Giulia ad ipotizzare che Seb sia ancora vivo, ma coinvolto in qualcosa di grosso, e gli agenti del Vaticano che continuano a pedinarli, armati, ne sono la prova.  

Seb aveva una visione della vita e del mondo non convenzionale, sentiva che aveva una missione. Seb interrompe i contatti con la sorella Giulia e, quando in compagnia di Fabio si mette sulle tracce di Seb, ai due giovani è subito chiaro che qualcosa di più grande li attende al varco. E non è detto che sia una cosa piacevole. E infatti non lo sarà. Pericoli, intrighi, danaro, fondazioni e agenti segreti del Vaticano sono solo alcuni degli ingredienti che rendono indigesta la torta ai due giovani amici. Quando le cose saranno ormai nitide, Fabio dirà:

Nemmeno riesco ad immaginare cosa abbia fatto in diciannove anni per dare vita a questo miracolo. Quel che vedo con chiarezza è il suo sogno alimentato da una rabbia cronica, perfezionata giorno dopo giorno.

Seb ha seguito le orme di San Francesco, ha seguito la missione di chi lo ha preceduto nel medioevo, ha innescato una follia…

Si chiamavano i Semplici, uomini votati ad una vita bucolica e alla preghiera. Un ordine fondato nell’anno della morte di San Francesco che presto fu additato come nemico della Chiesa cristiana insieme ad altri ordini minori per il loro credo. La vita e le opere dei Semplici ruotava tutta attorno ad una reliquia, “La Clavicola” di San Francesco, attorno alla quale si troverà a ruotare anche la vita di Fabio e Giulia. I Semplici custodivano e proteggevano “La Clavicola”, fulcro di un concetto spirituale di unità e parità tra tutte le specie sulla terra. I Semplici avevano un progetto ambizioso e Seb aveva deciso di far rinascere quel progetto.

E’ possibile capire il grado di civiltà di un popolo da come tratta gli animali (così aveva detto Seb a Giulia una volta).

Passato che si fonde con il presente e forgia un nuovo futuro. Fabio e Giulia scoprono che per dar vita al suo progetto, Seb aveva smosso un universo dove giravano soldi e potere. La sua missione aveva bisogno di danaro. Per dare vita al progetto era necessario il supporto di associazioni animaliste, veterinari (che venivano ospitatati di nascosto dai frati in Convento per curare gli animali, ogni specie di animale…,   architetti e ingegneri che dovevano completare l’opera in sordina. Bisognava realizzare un posto unico.  Le cose agli occhi di Fabio e Giulia iniziarono a definirsi, la missione di Seb era lì, davanti ai loro sguardi increduli.

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