Pompei, La città incantata di Gabriel Zuchtriegel


La sindrome del collezionista
Pompei, La città incantata di Gabriel Zuchtriegel edito da Feltrinelli non è solo un testo che parla della magnifica città scomparsa di Pompei, è innanzitutto un viaggio tra le esperienze e le emozioni dell’autore.
Gabriel Zuchtriegel è il direttore del Parco Archeologico di Pompei. Attraverso questo libro emozionante l’autore ci accompagna tra le rovine della mitica città, raccontandoci usi e costumi dell’epoca, intrecciandoli con le storie personali e lavorative.
Un libro originale, che esalta le bellezze di Pompei e mette in luce nello stesso tempo un territorio, quello campano, difficile da gestire, perché pregno di interessi e caratterizzato da poca lungimiranza.
Ampio spazio è dato anche agli uomini, quelli di oggi, le cui vite si aggrovigliano inesorabilmente al sito di Pompei: ci sono i turisti che sono colti da infarto appena mettono piede sul basolato, e per questo Gabriel Zuchtriegel ha dovuto potenziare il presidio medico in loco; ogni mese arrivano pacchetti da turisti che tempo prima avevano rubato un “pezzo” di Pompei e poi lo hanno restituito, perché colpiti dalla storica leggenda che racconta di disgrazie a chi ne avesse trafugato le bellezze, e poi ci sono i tombaroli, una maledetta spina nel fianco. Infatti, dopo la droga, il traffico di esseri umani e la prostituzione, il commercio illegale di antichità provenienti da scavi saccheggiati è uno dei rami più redditizi della camorra…
Pompei, La città incantata di Gabriel Zuchtriegel
Parto da una considerazione dell’autore che, a mio avviso, coglie lo spirito con cui ognuno di noi dovrebbe approcciarsi a un’opera d’arte per capirla e viverla appieno:
La pianta di un tempio è, in sé, del tutto priva di interesse se non serve a ricostruire l’esperienza estetica, religiosa, sociale ed emotiva che costruttori e architetti hanno voluto trasmettere. Considerato in tale prospettiva ogni edificio è un mondo.
Ed è proprio partendo da questa considerazione che Gabriel Zuchtriegel ci accompagna nel mondo di Pompei, un caleidoscopio di uomini, riti, usanze e credenze.
Il libro parte dalla cronaca, dolorosissima, dell’evento vulcanico tramandatoci dai cronisti dell’epoca. L’immagine del momento dell’eruzione avvenuta nel 79 d.C che il testo di Zuchtriegel ci restituisce è drammatica.

Inizia tutto l’08 novembre del 1853 quando una statua di bronzo, di insolita bellezza raffigurante il dio Apollo, riemerge dai lapilli. E’ da quel momento che comincia la storia di Pompei, una storia magnifica che ancora oggi è sempre più spesso all’attenzione dei media di tutto il mondo per continue e sorprendenti scoperte.
Partendo dal rinvenimento di questa statua, Gabriel Zuchtriegel ci racconta una Pompei insolita e sconosciuta ai più. L’autore ci parla dell’ammirazione dei romani per cultura greca e il loro compulsivo circondarsi di copie di statue greche, specialmente all’interno delle abitazioni private; ci parla di sessualità ed erotismo, delle case chiuse del tempo (i lupanari), di come fossero strutturate le abitazioni, dei tipi di pittura che si trovavano negli ambienti dell’epoca, di culti misterici, dell’adorazione particolare rivolta a Dioniso (Bacco per i romani) e dei riti proibiti ad esso associati. Insomma, una lettura piacevolissima!
L’importanza delle fonti
Ho trovato molto interessante il paragrafo che l’autore dedica alle fonti. Molto spesso, infatti, le storie che archeologi e storici ci raccontano in merito a templi, palazzi o mausolei, sono sempre racconti che provengono da classi agiate, quindi riconducibili a uno specifico ceto sociale. Di capanne o abitazioni modeste ne sono sopravvissute poche, per cui abbiamo pochi elementi per valutare realmente come vivesse e si organizzasse il ceto basso della società. Inoltre, poiché la classe povera non sapeva scrivere, è ovvio che non siano stati in grado di tramandarci storie, modi di vivere, tradizioni e abitudini. Tutto ciò che sappiamo di loro lo scrivono fonti autorevoli, certamente poco obiettive. Della vita delle donne poi, abbiamo informazioni che provenivano esclusivamente dagli uomini.

Pompei, invece, è un caso eccezionale e unico proprio per questo motivo. La città è zeppa di botteghe artigiane, taverne, locande, negozi, bordelli che ci raccontano un’altra storia, ci restituiscono la vita di strada e non quella che si svolgeva nei sontuosi palazzi della città. Ci raccontano la vita vera, quella del popolino. Basti fare l’esempio della stanza degli schiavi nella villa Civita Giuliana, grazie alla quale ora sappiamo dove e come dormivano gli schiavi, ricavando così eccezionali informazioni sulla loro vita quotidiana. Solo qualche scrittore antico aveva affrontato l’argomento, del resto chi aveva interesse a parlare di schiavi, dal momento che erano considerati veri e proprio oggetti? Nessuno.
L’invidia è una brutta bestia
Il libro, inoltre, è corredato da splendide fotografie su Pompei che ti fan venire voglia di ritornarci ancora, ancora e ancora.
Chiudo la mia recensione citando un ultimo paragrafo che mi ha lasciato l’amaro in bocca, intitolato la macchina del fango. Si mette in giro una voce, un’accusa qualsiasi anche se assolutamente infondata, un giornale locale la pubblica e immediatamente la cosa diventa verità, semplicemente perché pubblicata dai giornali. Nell’ingranaggio della macchina del fango è finito anche l’autore del libro con un’accusa totalmente falsa, relativamente all’appalto per il restauro del teatro di Velia. Ovviamente, dopo mesi di indagini, sopralluoghi, acquisizioni di atti e via dicendo, risultò tutto falso e campato in aria. Si voleva solo danneggiare Gabriel Zuchtriegel, facendolo risultare un incompetente (mentre ricordiamo che, grazie a lui, Pompei gode di ottima salute e solo grazie al suo operato oggi abbiamo una quantità di visitatori mai raggiunti prima!).
Se sommiamo tutti i costi delle operazioni di controllo e indagine probabilmente si sarebbe potuto restaurare un altro teatro.
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