Le serve dei nobili russi: l’amore tormentato del conte Šeremetev
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Si chiamavano Nikolaj Petrovič Šeremetev e Praskov’ja Kovaljova gli amanti che tra fine 1700 e inizio 1800 a Pietroburgo mandarono su tutte le furie la famiglia Šeremetev e l’intera aristocrazia russa. La storia di questi due amanti, che poi di fatto divennero marito e moglie nel 1801 con una cerimonia segreta, è anche un modo per raccontare le particolarissime condizioni di vita della servitù (specialmente femminile) che prestava servizio presso l’aristocrazia.
In Russia, Praskov’ja fu una delle cantanti d’opera più rinomate del XVIII sec. Era una vera star. Il suo successo, però, le servì a poco, perché nonostante la notorietà, la nobiltà non la accettò mai in società come compagna del conte Nikolaj Petrovič. Praskov’ja era la figlia del capo fabbro degli Šeremetev, la famiglia di proprietari terrieri più ricca al mondo (contavano alle loro dipendenze circa un milione di servi! Ed erano proprietari di tre splendidi palazzi: la casa della Fontana, il palazzo di Ostankino a sud di Mosca e quello di Kuskovo a sud di Pietroburgo). Praskov’ja proveniva, quindi, da una famiglia di servi. Il suo ingresso in società era solo un sogno.
Venne immediatamente notata da Piotr Šeremetev, padre di Nikolaj Petrovič, suo futuro sposo, per la bellezza, le doti canore e una naturale attitudine per le arti. il ricco signore le mise accanto i migliori maestri per farle studiare l’opera, la danza, la recitazione e le lingue (imparò a parlare fluentemente l’italiano e il francese) e a soli 12 anni ebbe la parte principale nella Colonia di Antonio Sacchini. Il figlio di Piotr Šeremetev, Nikolaj Petrovič , la vide e se ne innamorò. Non era un bell’uomo, ma era gentile, amava e diffondeva l’arte in tutte le sue forme, apprezzava la bontà d’animo e le doti spirituali delle persone, e in Praskov’ja trovò tutto questo, compresa la bellezza fisica.
Il conte Nikolaj non era uno stinco di santo però, e, come quasi tutti i nobili russi, possedeva un harem di donne ufficiali, che arrivava fino a una decina di serve. Possedere un harem era normale, anzi era considerato un segno di modernità. Nessuno si poteva opporre, né le mogli né tanto meno le serve. Molte di queste erano oggetto di percosse e violenze per puro piacere sessuale o perché si erano ribellate. Tuttavia, queste stesse donne, “imprigionate” di notte, ricevevano istruzione e doni di giorno. A tutte veniva insegnato a scrivere e a leggere; le più dotate artisticamente, e le preferite sessualmente, erano prese sotto l’ala protettrice del nobile signore che si occupava di vestirle bene, all’europea, di riempirle di privilegi e in generale di provvedere alla loro educazione. Quando le donne dell’harem erano soppiantate da “nuove e giovani leve”, il nobile signore provvedeva a liquidarle degnamente con una dote e a trovare loro marito tra i servi alle sue dipendenze.
Così era accaduto anche a Praskov’ja, con la differenza che Nikolaj
Petrovič se ne innamorò perdutamente e le restò legato fino alla fine dei suoi giorni. Quando si sposò in segreto con Praskov’ja, liquidò il suo harem, fece sposare tutte le donne e concesse loro una dote. Questo amore però fu ostacolato da più parti, innanzitutto dalla famiglia Šeremetev. I due coniugi furono letteralmente isolati. L’invidia delle altre serve cominciò ad alimentare un chiacchiericcio pregno di sdegno tra l’aristocrazia russa. La famiglia Šeremetev prese le distanze dal figlio, e in più di una occasione Nikolaj Petrovič per tutelare la sua amata dovette dapprima crearle una dacia accanto al palazzo, poi, trasferirla in quello di Ostankino perché le male lingue rendevano l’atmosfera quotidiana invivibile. Per l’aristocrazia russa, il loro rapporto era fonte di imbarazzo e forte sdegno.
Nikolaj Petrovič rimase totalmente solo. Aveva l’affetto di pochi amici, prevalentemente quelli di infanzia tra cui il principe Ščerbatov, il poeta Deržavin, l’architetto Quarenghi e l’imperatore Paolo. Quest’ultimo rimase così affascinato da Praskov’ja e dalle sue doti canore che le regalò un anello di diamante che la donna indossò per il ritratto realizzato dal servo Argunov. Inoltre l’imperatore appoggiò il suo amico nel contravvenire alle convenzioni sociali che lo volevano sposo di una donna del suo stesso rango. Lo appoggiò sempre e, salito al trono, lo nominò ciambellano di corte, carica assegnatagli per la profonda stima e l’ amicizia che li legava.
Nel 1801 Nikolaj Petrovič , rese libera Praskov’ja, non più serva quindi, e a fine anno la sposò con una cerimonia segreta. Solo nel 1905 il certificato di matrimonio fu reso pubblico, fino a quel momento era rimasto custodito negli archivi…
In quell’anno, Praskov’ja si ammalò di tubercolosi. Nonostante la malattia, riuscì a portare avanti con successo la sua gravidanza e nacque Dimitrij. Dopo un però, lei morì. Il conte Nikolaj Petrovič attraversò un periodo terribile, pregno di dolore non solo per la tremenda perdita, ma anche per la solitudine a cui era costretto da una società futile, lontano dalla bellezza e pregna di ipocrisia. Al funerale di Praskov’ja non si presentò nessuno, se non alcuni servi legati ai coniugi e qualche amico del conte. Della sua famiglia e dei membri della corte neppure l’ombra (nel frattempo l’imperatore Paolo era stato assassinato). Nauseato, il conte si dimise dalla corte, tagliò i ponti con la società e si ritirò a vita privata in campagna. Grazie all’appoggio del nuovo imperatore Alessandro riuscì a far riconoscere suo figlio Dimitrij come unico erede legittimo dicendo all’imperatore che in realtà Praskov’ja era stata solo accudita dal suo capo fabbro e che discendeva da un’antica famiglia nobile polacca. Con questo escamoage riuscì ad evitare che gli altri sei figli avuti dalle serve del suo harem prima di sposare Praskov’ja, accampassero pretese.
In memoria della moglie, negli ultimi anni della sua vita, Nikolaj
Petrovič si adoperò a fare opere di bene: costruì scuole e ospedali, creò istituti per bambini orfani, liberò dallo status servile molti dei suoi servi, donò cospicue somme di danaro ai monasteri affinché sostenessero la popolazione nei periodi di carestie, e fondò il primo grande ospizio pubblico nel 1803, lo Strannopriimnyj Dom con 16 reparti maschili e 16 femminili. “La morte di mia moglie – scrisse – mi ha sconvolto a tal punto che il solo modo che conosca per placare il mio spirito sofferente è votare me stesso all’adempimento della sua volontà di provvedere ai poveri e ai malati”. Morì nel 1809, ricchissimo e solo.
Fonte:
Orlando Figes, Storia della cultura russa, Einaudi
Sulla condizione dei servi vedi anche la seguente bibliografia riportata dall’autore:
- L.Lepskaja, Repertuar krepostnogo teatra seremetevych;
- P.Roosevelt, Life on the Russian Country Estate;
- Serghej Aksakov, Cronaca di famiglia, Adelphi
- K. Bestužev, Krepostnoj teatr.
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