Le poesie di Giovannino Borelli: PAZZO MONDO 

Pazzo mondo Giovannino Borrelli

Pazzo Mondo

Giovannino Borelli è in libreria con PAZZO MONDO, una raccolta di poesie edita da Pensiero CreativoUn mondo di sensazioni raccolte dall’autore in 120 pagine che regalano al lettore momenti di pura riflessione o attimi di condivisione con le emozioni dell’autore che lì ha impresso momenti banali, comuni e speciali.

La poesia non racconta e non descrive, bensì coglie sensazioni e si sforza di trasmetterle. E così fa la penna di Giovannino Borelli che in PAZZO MONDO trasferisce musicalità e forti commozioni a chi legge. 

L’autore ha vinto numerosi premi letterari, è un musicista e ha pubblicato due raccolte di poesia in dialetto calabrese: “M’ ‘a sùanu… e mm’ ‘a càntu…” (Ursini Edizioni, Catanzaro, 2008) e “Na spirànza” (Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, 2013).

In questa breve intervista l’autore, che ringraziamo, ci ha raccontato un po’ di sé, della sua raccolta di poesie e delle sue abitudini di scrittura.

PAZZO MONDO di Giovannino Borelli

Salve Giovannino e benvenuto su Sguardo ad Est. Ci racconta brevemente di cosa si occupa nella vita e quali sono le sue passioni?

Ciao Francesca, grazie per avermi invitato. Mi occupo di musica, sono un chitarrista classico.

All’attività concertistica abbino quella didattica presso la Scuola Secondaria di I grado.

Oltre alla passione per la musica e la poesia ho quella per i viaggi.

PAZZO MONDO è il suo ultimo libro di poesie. C’è un fil rouge che le accomuna, un tema ricorrente?

Gli argomenti che ho trattato sono molto vari, ma c’è un tema ricorrente in molte poesie. Esse, infatti, si possono definire un canto di dolore per la deriva verso cui la postmodernità sta conducendo la nostra epoca.

Com’è nato PAZZO MONDO? Aveva già in mente il titolo e i componimenti da selezionare?

Ho iniziato a lavorarci nell’estate 2017. Il titolo è arrivato soltanto negli ultimi mesi, ed è stato una logica conseguenza degli argomenti trattati

La poesia ha un fortissimo potere evocativo. Cosa pensa delle poesie in dialetto? 

La ringrazio per questa domanda. Fin da piccolo ho mangiato pane e versi in dialetto, in quanto mio padre è stato un importante poeta dialettale. Anch’io ho dato il mio contributo con tre pubblicazioni prima di passare alla poesia in lingua.

La lingua storica di un popolo contiene anche la sua mappa genetica, quindi, come sosteneva l’antropologo Luigi Lombardi Satriani, il giungere dal dialetto alle lingue non è stato per le classi subalterne un processo di crescita culturale, ma un fenomeno di perdita di identità, essendo connesso a una gigantesca acculturazione, densa di scontri, violenze e distruzione di peculiarità. 

Personalmente penso che le poesie in dialetto hanno pari dignità delle poesie in lingua. Basti pensare alla grandezza di un Belli, di un Noventa o di un Marin.

Ci racconta una sua abitudine di scrittura, magari anche un po’ strana? Non so, ha bisogno di silenzio quando scrive, lo fa dove le capita, usa solo particolari taccuini o penne…

Una mia abitudine di scrittura? Intanto, riesco a produrre di più nei mesi estivi, quando sono libero da impegni di lavoro. Mi è capitato di comporre versi negli ambienti più disparati e di appuntarli persino sui sacchetti del pane.

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