Curiosità sul Salvator Mundi: l’ultima opera del Bernini creata a 81 anni
Bernini chiamava il Salvator Mundi il “suo beniamino”, il suo testamento artistico e spirituale
Caratteristiche dell’opera
Il Salvator Mundi di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) si trova nell’antica Basilica di San Sebastiano fuori le Mura, “sopra” le Catacombe di San Sebastiano. Ci troviamo sull’Appia e la Basilica fa parte di una delle sette chiese visitate dai pellegrini in occasione del Giubileo.
L’opera ha una storia fatta di patimenti perché solo in tempi moderni è stata attribuita la paternità al grande Bernini.
La scultura è di grandissimo pregio e i dettagli che vi indicherò di seguito sono certa che vi lasceranno senza fiato.
Il primo elemento evidente che salta all’occhio dell’osservatore è che l’immagine di Gesù è fuori scala. Ci sembra sproporzionata. Ma Bernini era un genio, non poteva realizzare nulla di sbagliato. Il Salvator Mundi lo percepiamo fuori scala perché era stato disegnato e pensato per un ambiente di grandi dimensioni. Se visitate la Basilica troverete il mezzo busto in una piccola vetrina appena entrate. Ma la scultura era stata concepita per essere vista dal basso e da lontano!
L’opera è imponente (h 106 X105 largh X 65 spessore). Il suo piedistallo è in diaspro tenero di Sicilia, un marmo che Bernini iniziò a usare nelle opere della maturità per sculture che considerava particolarmente importanti, in quanto era un marmo molto raro.
La spettacolarità dell’opera è data anche da una caratteristica tipica del Bernini, che consisteva nel lavorare la superficie del marmo in modo differente a seconda dell’effetto chiaroscurale che voleva imprimere a quella determinata parte dell’opera. Finiture diverse producevano rifrazioni della luce diverse. Mi piace tantissimo a questo proposito la considerazione del Petrucci:
il grande plastificatore insomma dipinge con il marmo, perseguendo quella unità tra pittura e scultura che è stata una sua peculiare aspirazione e motivo distintivo del suo linguaggio [1]
Meravigliosa è la veste, un panneggio di altissimo livello, la cui levigatura ci dà la sensazione di una stoffa morbida e lucida come la seta. I capelli sono intagliati a scalpello con la parte laterale più approssimata in funzione della percezione dell’opera dal basso. Stesso discorso per la fronte sfuggente e la mano grande perfettamente in armonia per una visione dal basso. L’opera, infatti, era stata pensata per essere posta su un alto basamento: veri accorgimenti prospettici, come solo un grande architetto e scenografo può fare.
Il Salvator Mundi del Bernini, infatti, era stato ideato come una complessa macchina scenografica caratterizzata da un grande e alto basamento con angeli lignei che sostenevano il busto per un totale di circa 3 metri di altezza! Potete immaginare, inoltre, la bellezza policroma: legno dorato degli angeli, lucente marmo bianco e marmo rosso screziato del diaspro. Un capolavoro!
Il Salvator Mundi di Gian Lorenzo Bernini
La storia di questa statua è travagliata, perché Bernini quando realizzò il mezzo busto decise di donarlo alla regina Cristina di Svezia a cui era molto legato, perché sua protettrice. La regina, però, con grande sorpresa dell’artista lo rifiutò perché non era in grado di offrirgli nulla in cambio di adeguato valore. Bernini allora decise di donarglielo come lascito testamentario.
L’opera passò poi, sempre per testamento, a papa Innocenzo XI Odescalchi (1676-1689) e rimase in quella casata fino al ‘700. Da quel momento, del Salvator Mundi non si ha più traccia.
Nel 1972 uno studioso americano rese noto che la scultura presente al Chrysler Museum di Norfolk in Virginia era stata identificata come il busto perduto del Bernini. Ma gli studiosi italiani non concordavano, la fattura non era all’altezza del grande genio italiano, troppe incongruenze stilistiche. Stessa questione si aprì con il busto presente nella cattedrale di Sees in Normandia considerata una copia dell’originale. Ma anche qui gli studiosi italiani non ci stanno: il marmo non è quello pregiato di Carrara ma di una pietra francese; e anche se la fattura dell’opera è migliore di quella della Virginia, si trattava di una bella opera di bottega.
L’originale Salvator Mundi di Gian Lorenzo Bernini fu scoperto per caso, nel 2001.
Francesco Petrucci, architetto e storico dell’arte da sempre impegnato nel ritrovamento del “beniamino” (così lo chiamava il Bernini), si imbatté per caso, durante una mostra su papa Albani a Urbino, nella foto di un ulteriore busto raffigurante il Salvator Mundi. Dal catalogo risultava che l’opera era ubicata nel Monastero di San Sebastiano fuori le mura, già sacrestia Albani. Dopo numerosi accertamenti, verifiche e ricerche, finalmente è stato possibile riconoscere il busto presente nel Monastero come quello realizzato da Bernini e trasferito nell’adiacente Basilica di San Sebastiano.
Bernini non perse mai le sue grandi capacità artistiche, neanche all’età di 80 anni quando decise di lasciare al mondo il suo testamento spirituale e artistico, il suo “beniamino” il suo Salvator Mundi.
La scultura è stata esposta a Roma nel 2023 in occasione della nuova area d’imbarco al Terminal 1 dell’Aeroporto Leonardo da Vinci. Si è trattato di un evento straordinario, in quanto è stato l’unico scalo internazionale al mondo ad ospitare un’opera di tale entità culturale e di grande pregio artistico. L’esposizione è stata frutto di una collaborazione tra Aeroporti di Roma e il Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno.
[1] FRANCESCO PETRUCCI, Bernini, Il Salvator Mundi, “il suo beniamino”, pag.40
Fonte:
FRANCESCO PETRUCCI, Bernini, Il Salvator Mundi, “il suo beniamino”