Come, quando e perché descrivere rumori e sensazioni
Perché stimolare i sensi del lettore? Gli aspiranti scrittori lo fanno? Qual è il momento giusto per descrivere rumori e sensazioni?
Enunciare un’idea astratta è più facile
Descrivere rumori e sensazioni è molto più difficile rispetto all’enunciazione di un’idea astratta, questo lo abbiamo detto diverse volte. E sappiamo anche che è la strada più facile per raccontare qualcosa, ma certamente non la migliore e non quella che rimarrà impressa al lettore.
Oggi sarà mia ospite Antonella Fiaschi, autrice del romanzo La metamorfosi dell’angelo edito da Gaspari che ho avuto il piacere di intervistare per Cinquecolonne.it. e di recensire per Sguardo ad Est. Alla fine dell’articolo troverete i link di approfondimento sul libro che vi consiglio di leggere perché nel romanzo troverete numerosi esempi legati all’argomento di oggi, di cui, peraltro, ci parlerà la Fiaschi in base alla sua esperienza.
Descrivere un oggetto attraverso un rumore o una sensazione, significa evocare un’atmosfera, perciò è difficile, ma è anche vero che è fondamentale per la buona riuscita di una storia, dà spessore all’universo che volete condividere con il lettore. Quando parliamo di evocare un’atmosfera significa quindi che non ci dobbiamo limitare a descrivere quella determinata cosa, ma richiamarla alla mente del lettore. Vi faccio un esempio banalissimo. Se vogliamo descrivere una giornata che minaccia pioggia non diremo che John guardava le nuvole grigie cariche di pioggia, diremo ad esempio che John camminava stringendosi al petto i lembi del cappotto che svolazzavano al vento mentre le nuvole color indaco si addensavano all’orizzonte.
I cinque sensi del lettore
“Evocare” è un verbo che richiameremo sempre nei podcast di “Sviscerando con l’autore” perché è alla base della buona scrittura, di un buon romanzo o storia. Dobbiamo fare presa sui cinque sensi del lettore. Fargli sentire un profumo che gli ricorda un’atmosfera, un evento vissuto, una storia legata al nostro personaggio, ma anche a qualcosa di universale, in cui lo stesso lettore può ritrovarsi.
Quindi, quando noi descriviamo gli oggetti ad esempio, l’operazione, di per sé complicatissima, consiste nel far germogliare nella testa del lettore un’altra storia, altri ambienti, altre emozioni. A questo proposito cito una frase di Joseph Conrad che nella prefazione del suo romanzo Negro del Narciso, dice:
“(…) col solo potere della parola scritta, è di farvi udire, farvi sentire, e prima di tutto farvi vedere”.
Molti scrittori, specialmente emergenti, a volte si soffermano su alcuni dettagli, come la donna che si attorciglia la ciocca di capelli oppure l’uomo che fuma che di fatto però sono dettagli che non raccontano nulla. I dettagli che lasciano un segno, invece, sono quelli che stimolano i sensi del lettore. Mi rivolgo agli aspiranti scrittori, fate esercizi a casa e provate a descrivere rumori e sensazioni all’interno almeno di ogni pagina della vostra storia.
L’esperienza di Antonella Fiaschi
Fremo dalla voglia di ascoltare cosa ha da dirci in proposito Antonella Fiaschi, la nostra ospite, autrice del bellissimo romanzo La metamorfosi dell’angelo. In linea con l’argomento di oggi le ho chiesto:
Anche la scrittrice Flannery O’Connor come Conrad scrive che “la caratteristica principale della narrativa è quella di affrontare la realtà tramite ciò che si può vedere, sentire, odorare, gustare e toccare”. Lei è d’accordo? Se sì, come ci riesce nei suoi romanzi? utilizza dei piccoli escamotage personali? ha qualche riferimento?
Sono assolutamente d’accordo con questa idea. Il promo passo per la descrizione di un oggetto, un luogo o un personaggio, passa necessariamente attraverso i cinque sensi. Perché lo scrittore ha il compito di accompagnare il lettore nella storia e trasmettere la visione che ha avuto. E’ fondamentale inoltre lasciare al lettore lo spazio per utilizzare la propria immaginazione e questa è anche la magia della lettura. Le parole utilizzate in un romanzo sono sempre le stesse, ma ciascun lettore le mescola alla propria fantasia, ottenendo così qualcosa di nuovo, di alchemico, una visione completamente diversa da quella di chiunque altro. Per arrivare a questo risultato lo scrittore deve essere innanzitutto un grande osservatore della realtà e deve essere immerso nella realtà con tutti e cinque i sensi. Ovviamente poi, di volta in volta sceglierà quale suggestione trasmettere.
E’ ovvio che il senso della vista ha un ruolo determinante, perché è quello che è maggiormente usato nella realtà, però, è anche l’utilizzo delle altre percezioni sensoriali che mette in luce l’anima di quello che stiamo descrivendo. Ad esempio, la descrizione di un luogo, rimane asettica se utilizziamo solo la vista. Ma se scriviamo anche quale siano gli odori percepiti, i suoni colti, allora a quel luogo noi regaliamo l’atmosfera, quindi trasmettiamo il suo spirito. Questo perché la descrizione attraverso i cinque sensi per il lettore diventa evocativa, cioè torniamo a quando dicevamo inizialmente, cioè il lettore utilizza la propria immaginazione. Se la scrittura è evocativa crea suggestione che il lettore può immaginare di colmare quegli spazi lasciati vuoti appositamente dall’autore, e può riempirli attingendo ai suoi ricordi, ai suoi desideri e a tutto il suo vissuto.
La realtà parallela
Meravigliosa la risposta di Antonella, non avevo dubbi! Credo abbia magnificamente sviscerato la frase di Conrad che vi ho citato precedentemente e ci ha spiegato perfettamente cosa significa per lei descrivere rumori e sensazioni. Anzi, Antonella ci ha detto di più.
L’autrice ci ricorda infatti, che molto spesso, gli scrittori si soffermano unicamente sul senso della vista, però, andrebbe ricordato che lo scrittore ha molte opportunità per trascinare il lettore in una realtà “parallela”. Può usare, infatti, dettagli che risveglino il tatto, il gusto, l’olfatto e l’udito. Ricordiamocene quando scriviamo. Ecco perché parlo di realtà parallela perché il lettore si immerge anche nella sua realtà quella che lo lega ai ricordi e alle sensazioni personali che diventano tutt’uno ma anche “altro” rispetto al racconto che sta leggendo.
Perchè gli scrittori emergenti sono restii a descrivere rumori e sensazioni
Se avete la possibilità date un’occhiata anche all’appuntamento precedente di Sviscerando con l’autore, come creare pathos nelle storie perché c’è un rimando a quello che stiamo dicendo oggi e alla mitica frase Show, don’t tell. Ritorno alla Flannery O’Connor per chiudere con questo argomento prima di dare la parola nuovamente ad Antonella perché su questo punto la O’Connor tira in ballo gli aspiranti scrittori e ci parla di un errore che ritrovava spesso quando doveva recensire storie e racconti di questi ultimi.
La caratteristica principale, e più evidente, della narrativa è quella di affrontare la realtà tramite ciò che si può vedere, sentire, odorare, gustare, e toccare. E questa è una cosa che non si può imparare solo con la testa; va presa come un’abitudine, come un modo abituale di guardare le cose. Lo scrittore di narrativa deve rendersi conto che non è possibile suscitare la compassione con la compassione, l’emozione con l’emozione, o i pensieri con i pensieri. A tutte queste cose bisogna dar corpo, creare un mondo dotato di peso e di spessore.
Ho notato che i racconti dei principianti sono solitamente infarciti di emozioni, ma di chi siano queste emozioni spesso è difficile determinare. lI dialogo procede sovente senza il sostegno di personaggi che sia dato vedere, mentre il pensiero fuoriesce incontenibile da ogni angolo del racconto. Ciò avviene perché il principiante è tutto preso dai suoi pensieri e dalle sue emozioni, anziché dall’azione drammatica, ed è troppo pigro o ampolloso per calarsi nel concreto, dove opera la narrativa. È convinto che il giudizio stia da una parte e l’impressione dei sensi dall’altra. Per lo scrittore di narrativa, invece, il giudizio comincia proprio dai particolari che vede e da come li vede.
Show, don’t tell
A questo proposito faccio alla scrittrice Antonella Fiaschi la seguente domanda:
Sempre citando la scrittrice americana, questa afferma (e non solo lei) che “scrivere narrativa non è tanto questione di dire le cose, quanto piuttosto di mostrarle”. Molti scrittori dipingono perché questo li aiuta a scrivere poiché imparano a “guardare”; il disegno e la pittura “costringono” a osservare le cose. Ci racconta la sua esperienza in merito?
Io non dipingo; per la mia esperienza c’è soltanto un modo, che è quello di vivere esattamente quello che si sta scrivendo. Fra l’altro questa è, secondo me, una delle cose più suggestive della scrittura. Quando scrivo ho una sorta di dissociazione, abbandono il mio corpo (che rimane lì alla scrivania, alla tastiera) ed è la mia mente che si traferisce completamente in quella dimensione diversa dove si sta svolgendo la storia che sto scrivendo. Sono in pratica come uno spettatore, vedo i miei personaggi che si muovono, ascolto quello che dicono, che vedono, guardo gli spazi, osservo, descrivo, e sopratutto mi lascio completamente sopraffare dalle emozioni che loro mi trasmettono, quindi rido con loro e piango con loro. Non conosco un’altro modo diverso da questo, perché non riuscirei a trasmettere delle emozioni forti se non le sto provando io in prima persona in quel momento mentre le scrivo. Quindi il mio spirito è lì nella storia e il mio compito è quello di trasferire sulla tastiera tutto quello che vedo e tutto quello che percepisco e, soprattutto, quello che sento.
Capisco che questa modalità particolare probabilmente mi deriva dall’esperienza teatrale. Un attore non può trasmettere emozioni se non le sente in prima persona e per farlo deve abbandonare completamente sé, dimenticarsi di sé, deve essere il suo personaggio. E lo scrittore alla fine usa lo stesso sistema, vive qualcosa di molto simile, descrive soltanto ciò che vede e può trasmettere soltanto ciò che sente e ciò che sta toccando la sua anima.
Molto interessanti le parole di Antonella Fiaschi così come le considerazioni che fa sull’arte teatrale e a questo proposito, se siete interessati, vi consiglio di leggere il metodo Stanislavskij perché certamente vi aprirà la mente in merito alla scrittura anche se si rivolge prettamente agli attori, ma come diceva la scrittrice alla fine dell’intervista, pensare come un attore mentre si scrive è un’ottima palestra per entrare in empatia con i vostri personaggi e quindi elaborare una scrittura vera.
La metamorfosi dell’angelo di Antonella Fiaschi
Il libro edito da Gaspari è un giallo con un risvolto inimmaginabile. La protagonista si trova a svelare due misteri, uno dentro casa e un’altro fuori, tra le mura del suo ufficio. La protagonista è un’avvocatessa (proprio come la nostra autrice Antonella Fiaschi) e si chiama Caterina Novelli. I misteri da risolvere sono entrambi dolorosi e arrivare alla verità per Caterina sarà molto difficile, per entrambe e situazioni. Caterina ha perso la sua amata figlia e non riesce a rassegnarsi fino a quando non le apre gli occhi un caro amico, svelandole che non sempre le cose sono come appaiono.
Una matassa simile Caterina la deve sbrogliare a lavoro, perché si trova a che fare con un omicidio in cui è coinvolta la sua assistita, ma le cose a Caterina, non quadrano fin dall’inizio.
Il libro è ricco di pathos e i personaggi sono ben descritti, profondi e con un fardello emotivo pronto ad esplodere in un qualsiasi momento.
Antonella Fiaschi vive e lavora a Udine, dove svolge la professione di avvocato. Impegnata in compagnie teatrali amatoriali come attrice e regista, questo è il suo primo romanzo.
Come descrivere rumori e sensazioni: le parole specifiche
Concludo questa ricca puntata di oggi parlando del come descrivere rumori e sensazioni con una riflessione sul corretto uso delle parole per evocare nel modo giusto una particolare atmosfera, un luogo, un ricordo o un oggetto. Bisogna solo usare un linguaggio chiaro, specifico e concreto come dice William Strunk Jr nel suo Elementi di stile nella scrittura (che vi consiglio di leggere), perché solo questo contribuisce in maniera determinante a suscitare e a tenere desta l’attenzione del lettore.
Strunk ci ricorda che, anche esponendo principi generali, lo scrittore è chiamato a fornire particolari esempi della loro applicazione. La forza di espressioni specifiche dipende dallo sforzo richiesto nel tradurre le parole in pensieri. Cosa succede in definitiva. Poiché noi non pensiamo in generale, ma in particolare, ogni volta che si fa riferimento ad una classe di oggetti noi ce la rappresentiamo richiamando alla mente elementi specifici di essa. Per cui, quando viene usata dallo scrittore una parola vaga, il lettore deve scegliere tra una serie di immagini immagazzinate nella sua mente quelle che meglio rappresentano la parola menzionata. Ciò’ comporta uno spreco di tempo e di energie, mentre l’utilizzo da parte dello scrittore di un termine specifico permetterebbe di evocare immediatamente l’immagine appropriata, conferendo al testo maggiore vigore.
Approfondimenti e consigli di lettura
ROY PETER CLARK, Gli strumenti dello scrittore, Dino Audino editore
FLANNERY O’CONNOR, Un irragionevole uso dell’irragionevole, Minimun fax
WILLIAM STRUNK JR, Elementi di stile nella scrittura, Dino Audino editore
Joseph Conrad, Negro del Narciso, Mondadori
Intervista su Cinquecolonne ad Antonella Fiaschi
Recensione della Metamorfosi dell’angelo
Se il post ti è piaciuto, metti “mi piace” sulla mia pagina facebook o “like” su questo articolo. Grazie!
Seguitemi anche su:
Instagram: https://www.instagram.com/sguardoadest/
Twitter: https://twitter.com/Sguardoadest1
Pinterest: https://www.pinterest.it/SguardoAdEst/_saved/
Linkedin: https://www.linkedin.com/in/sguardo-ad-est-blog-47545b1ab/detail/recent-activity/
Telegram: https://t.me/Sguardo_Ad_est
Facebook: https://www.facebook.com/sguardoadest
Facebook: https://www.facebook.com/duck.amelia
YouTube. https://www.youtube.com/channel/UCRltYIZk55MiHbw45taqHhg
0 Comments