Il caffè nelle opere di Francis Offman: il suo mappamondo per “Quotidiana”


Si chiama “Quotidiana” il ciclo di mostre di arte contemporanea al Museo di Roma che apre con le opere “al caffè” di Francis Offman
Museo di Roma, palazzo Braschi
Le opere di Francis Offman esposte al piano terra per il progetto “Quotidiana” hanno avuto un forte impatto su di me appena lo sguardo si è posato su quegli oggetti inizialmente indistinti e che mano mano che mi avvicinavo prendevano forma davanti ai miei occhi miopi, privi di occhiali. Inforcati i miei salva vita, l’impatto emotivo iniziale non è scemato, anzi. Il senso di minaccia ma nello stesso tempo di attrazione verso quegli oggetti predisposti in modo così singolare ha catturato immediatamente la mia attenzione.

I lavori esposti da Francis Offman per “Quotidiana”, il progetto allestito a Palazzo Braschi, sono due: una grande tela di cotone di cm.137×202 realizzata con inchiostro, fondi di caffè, cemento Fondu e gesso di Bologna (Senza titolo, 2021) e un’altra in cui il pavimento è costellato di libri sorretti da calibri (Senza titolo, 2018).
Le opere di Francis Offman catalizzano l’attenzione verso il buco nero che sembra chiamarci dal fondo della stanza. Chissà se è la percezione inconscia del mio essere partenopeo che avverte la presenza del caffè ad attirarmi verso la tela nera oppure quella parte oscura della nostra mente che vira verso tutto ciò che ci incute paura del buio, fatto sta che il mio sguardo faticava a staccarsi dalle opere di Offman.
La drammaticità che avvertivo guardando i suoi lavori nel dettaglio non è scemata neanche dopo il mirabile racconto della giovane addetta all’accoglienza dei visitatori, che mi ha illustrato il significato che l’autore stesso ha attribuito ai suoi lavori. Ai miei occhi, le due installazioni di Francis Offman per Quotidiana, si sono così arricchite di un nuovo elemento, di una energia, una vitalità che ho sentito nel momento in cui ho scoperto che è il caffè il pigmento utilizzato per dipingere la tela nera e per ricoprire i libri sul pavimento.
Il caffè nelle opere di Francis Offman (Senza titolo, 2021)
Sono napoletana e per me è il caffè è un rito, è la storia della mia città, della mia famiglia, dei momenti che scandivano e scandiscono la mia giornata, è un piacere che si gusta a lungo e non in tre sorsi, magari seduti. E’ una pausa dalla vita e per la vita, che mi ricorda com’è bello staccare, anche per pochi minuti, “giusto il tempo di un caffè”, e non pensare a nulla se non al gusto e all’aroma che si sprigionano dalla tazzina.

Le opere di Francis Offman invece raccontano un altro caffè. Un caffè che fa il giro del mondo, proprio come quello italiano perché, a differenza degli altri Paesi, sul nostro caffè non c’è il luogo di provenienza. Il caffè italiano attraversa molti luoghi e passa in moltissime mani. Grandi marche italiane si fanno arrivare il caffè in parte dalle Filippine, in parte dal Brasile, dall’Etiopia e anche dal Ruanda, il Paese di origine di Francis Offman. Perciò ho parlato di “mappamondo”. Il quadro alla fine della stanza è realizzato con una serie di stratificazioni di caffè che nella mente dell’artista disegnano una mappa senza confini. I suoi monocromi, infatti, possiamo definirli dei veri e propri planisferi in cui è impossibile determinare le frontiere.

Il pigmento nei lavori di Francis Offman
Le opere di Francis Offman sono intrise sempre di caffè, questo è il suo materiale, che egli usa come un pigmento e che ha un significato ben preciso. Lui appartiene ad una famiglia di rifugiati politici e non torna nel suo Paese da 22 anni. La madre invece, è potuta ritornare, perché in quanto donna, per le istituzioni locali non rappresenta alcun pericolo. Nel suo viaggio di ritorno la mamma di Francis Offman ha portato alcune buste di caffè locale e con queste una nuova consapevolezza: il caffè in Ruanda non è più solo da esportazione, ora si consuma anche. Il caffè quindi è diventato per l’artista un profondo legame con il proprio Paese e ha cominciato quindi a studiarlo, a raccoglierne i fondi e a riutilizzarli. Ma a mano a mano che studiava il caffè, scopriva che attorno alla sua produzione e alle sue piante, si muove un grande dramma.
Quella sensazione che mi si era appiccicata addosso appena ho posato lo sguardo sulle opere dell’artista è diventata sempre più forte via via vche ascoltavo la spiegazione dell’addetta all’accoglienza dei visitatori e anche dopo, quando ho letto l’intervista sul bellissimo saggio di Hans Ulrich Obrist (direttore della Serpentine Gallery di Londra).

Il caffè nelle opere di Francis Offman è un vero e proprio mappamondo anche perché le implicazioni socio-economiche stanno creando enormi problemi in diversi Paesi. In Ruanda il caffè ha sostituito gran parte delle colture contadine mentre in Sud America sta mietendo vere e proprie vittime. Poiché la pianta di caffè è molto delicata, il cambiamento climatico ha distrutto intere colture, costringendo la popolazione verso gli Stati Uniti per poter sopravvivere, finendo inevitabilmente nelle mani della criminalità organizzata.
Le opere di Francis Offman per Quotidiana (Senza titolo, 2018)
Se mettiamo un dito sul mappamondo di Francis Offman è doveroso puntare sul Ruanda. La storia, la formazione, il linguaggio estetico e le radici dell’artista ci parlano di Africa. L’altra opera esposta a piano terra, davanti alla grande tela nera intrisa di caffè, ci parla dritto al cuore.
Le decine di libri esposti a terra sono ricoperti di polvere di caffè, un prodotto che non si lega solo all’Italia ma anche al Ruanda. I libri sono sorretti da un calibro, uno strumento che nel corso del genocidio in Ruanda veniva utilizzato per determinare la differenza etnica tra tutsi e hutu, o anche, perchè no, lo strumento discriminatorio usato da Cesare Lombroso…
Tra tutti i libri ne spiccano due, uno rosso, la Bibbia tradotta in lingua kinyarwanda, e uno blu, un testo di grammatica francese del 1900, quest’ultimo un esplicito riferimento a quello che è successo politicamente in Ruanda. Gli altri libri scelti da Offman, invece, fanno riferimento una serie di racconti brevi provenienti da tutto il mondo, che non sono riconoscibili perché ricoperti di caffè.
Attraverso il calibro, uno strumento di alta precisione, l’artista ci vuole ricordare l’importanza che ha la letteratura e l’impossibilità di misurarne il valore anche con uno strumento di grande precisione. Il calibro, però, è uno strumento che ha portato anche tanto dolore in Ruanda perché durante il genocidio è stato il mezzo che ha decretato la superiorità di una etnia rispetto ad un’altra.

Inizialmente per l’artista non è stato facile parlarne, poi ha capito che se non ne avesse parlato, non lo avrebbe fatto nessuno, e un pezzo della sua storia personale e del suo Paese, sarebbe finito nell’oblio.
Un aspetto delle opere di Francis Offman che mi ha colpita è la mancanza di titoli. L’artista infatti non vuole orientare ( o disorientare) il visitatore con un’indicazione. Desidera che il visitatore intraprenda un viaggio parallelo al suo e che si lasci afferrare dalle emozioni e dai significati che la sua mente genera a contatto con le opere. Io le ho trovate particolarmente suggestive.
Ricordo che “Quotidiana” è un progetto di arte contemporanea ideato e prodotto dalla Quadriennale di Roma che si articola in diverse mostre periodiche a Palazzo Braschi. L’intento è quello di avvicinare il pubblico all’arte contemporanea attraverso la selezione di alcuni promettenti artisti italiani le cui opere vengono analizzate in dettaglio attraverso testi critici a disposizione dei visitatori per consultazione e attraverso addetti all’accoglienza che raccontano la storia e l’opera degli artisti in esposizione.
Le opere di Francis Offman per Quotidiana saranno visibili fino al 13 novembre 2022
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