Un cristallo di Sale

di Gionata Teri

“Le funzioni biochimiche del Pensiero hanno bisogno di sali: cloruro di sodio,
potassio e altro. Ricapitoliamo: siamo fatti di carbonio, siamo catene di carbonio
sospese in acqua e abbiamo bisogno di sali in quell’acqua: acqua di mare, siamo
acqua di mare.
Abbiamo anche bisogno di apparati, di una struttura, di idraulica, delle leggi della
cinetica per il movimento, di pressione interna che si equilibri con quella esterna.
Colpisce, a volte, l’estrema semplicità della cosa. Ma la semplicità è difficile da
raggiungere: richiede tempo e lavoro. Siamo così pieni di molecole, composte da
atomi antichissimi, che non so proprio come facciamo a muoverci nello spazio!
Invece, siamo leggeri, la materia è vuota e leggera, in noi c’è uno spazio vastissimo,
la luce ci attraversa. Anche la poesia e la bellezza ci attraversano. Le emozioni non
trovano aderenze: si fanno largo; le idee vanno, se ne fregano dei muri, e te le ritrovi
in posti inaspettati, riscoperte e attuate là dove è lontanissimo.
Da tutto questo vuoto nella struttura-vivente che siamo noi, Michelangelo ha visto e
dato corpo alla Cappella Sistina, Leonardo ha intravisto il volo, Borges ha trovato
parole definitive, Dante ha creato una lingua, la Signora Torres ha cucinato quella
magnifica torta di compleanno, crema al limone e fragole, il Signor Arturo ha cucito
l’abito da sposa di mia madre, un bambino vede draghi da combattere e io cerco
Marte tra questi cristalli di sale.
Quindi, semplici ma dotati di un talento potenziale incredibile che ci dà un continuo
stupore, come la bocca aperta di bambino davanti al mistero di una cosa che appare e
scompare o di un gatto che scopre il misterioso uscire dell’acqua da un rubinetto e
che ogni volta cerca di afferrarla con la rinnovata speranza di riuscirci”.
Questi erano i pensieri di Leda, che aveva occhi grandi e curiosi e neri come un buco
nero che cattura la luce. Ventisette anni, astrofisica e geologa, se ne stava seduta con
tutto quel suo pensare su una roccia grande e piatta del Deserto di Atacama – il più
arido del mondo – sulla Cordigliera Nord-Orientale del Cile.
Lassù cercava batteri: i batteri estremofili, quelli capaci di vivere in assenza di acqua
o ai poli ghiacciati, o vicino al calore delle acque anossiche e velenose delle bocche
laviche oceaniche, e li cercava guardando all’obiettivo-Marte, per trovare una
possibilità di vita su quel piccolo pianeta. Pancia a terra a scavare la terra arida,
cercava campioni di rocce e cristalli. Doveva bere molta acqua e molti sali per non
disidratarsi e fermarsi spesso per riprendere fiato.
Aveva appena trovato un bel cristallo di sale, bello grande e così antico che
sicuramente aveva fatto parte del fondale del mare interno o del lago salmastro che
prima, in tempi immemorabili, occupava quell’area. Ora era immerso in aria,
ossigeno, azoto, argon e spiccioli, prima in acqua salata. Leda applicava un
approccio intuitivo e sensoriale, quasi artistico, alla studio e alla ricerca: da anni,
aveva abolito ed espulso da se stessa tutte quelle razionalizzazioni claustrofobiche
che non le davano ossigeno e apertura nel pensiero. Il cristallo lo teneva in mano,
quasi controluce: certe trasparenze la interessavano e le trovava belle: c’erano
venature di blu cobalto, “quasi più zaffiro”, e rosso carminio. La luce del sole lo

attraversava e giocava caleidoscopi sul terreno, e lei, muovendo la mano dipingeva
in un gioco estemporaneo quel deserto: come quando fai il gioco delle ombre sui
muri, lei giocava i colori e dava vita a quel paesaggio apparentemente morto.
Le cose hanno la potenzialità dell’evocazione: come in una conchiglia, il suo suono
è capace di evocare il mare, ma non un mare qualunque, quel mare di quella volta…
Un’immagine può farci sentire il profumo di un prato su cui ci eravamo stesi un
giorno, piedi nudi, non pensanti, a giocare i colori con gli occhi controluce; la
caffettiera vecchia che borbotta ci ricorda improvvisamente di una carezza che,
inattesa, ci fu regalata da qualcuno mai più visto. Le cose si imprimono delle nostre
storie e ce le rendono generosamente.
Anche Leda si regalò il tempo dell’evocazione: si rivide dodicenne, incuriosita da
quelle piccole bolle d’aria imprigionata nelle biglie di vetro o dal funzionamento
delle cose che avevano movimento e che facevano quello che facevano. Rivide nei
giochi di luce del cristallo un certo sole calante di un agosto romano, che illuminava
a tratti le sue bolle di sapone; lei e la sua famiglia a mangiare sulla terrazza sui tetti
di Roma, un mare calmo di tetti, la carne a sfrigolare sulla griglia e suo padre a farle
barchette di carta per sollevarla da un piccolo dolore momentaneo, a spiegarle la
facilità del mondo, che, il mondo, glielo metteva in mano in un finto gesto di magia
invisibile e le diceva: “Ecco, prendi, è tutto tuo.”
Vide anche sua madre annaffiare la vite americana e le sorelle grandi intente in un
chiacchiericcio allegro da adolescenti. Vide Roma così bella che ancora conquistava
il mondo, senza però nessuna guerra necessaria. Vide i suoi sogni di allora che
mettevano piccole radici nella sua età giovane: come melodie in controcanto che
facevano da colonna sonora a quel film intimista e sensoriale. Vide anche se stessa
in quella cristallizzazione, lo scoprì subito dopo: era intenta, come lei a guardare
dentro ad un cristallo di sale, mentre qualcuno, una ragazza dagli occhi neri, la
guardava dall’altra parte dell’evocazione: la riconobbe con amore e le augurò buona
fortuna per tutte quelle cose importanti che stava facendo.
Tutto questo vide in un cristallo di sale. Poi, lo mise in un sacchetto insieme ad altri
e, leggera come una bolla di sapone, si rimise a lavoro: l’idea di Marte l’aveva
appena riportata sulla Terra in un atterraggio morbido.

1 Comment

  • Roberto Ferrari

    Come al solito la lettura non delude.
    Ti regali il tempo necessario per non smettere di leggere, anche sul posto di lavoro, come adesso.
    Una visione, non solo parole. Bravo Jona. Bellissima.

    Luglio 29, 2020 - 12:09 pm

Leave A Comment

You must be logged in to post a comment.

Translate »