Perché leggere Dostoevskij di Antonio Schlatter Navarro
Intervista a Natale Fioretto sul saggio Perché leggere Dostoevskij di Antonio Schlatter Navarro
Perché leggere Dostoevskij di Antonio Schlatter Navarro edito da Graphe.it è una lettura intensa e suggestiva. Antonio Schlatter Navarro è un sacerdote della Prelatura dell’Opus Dei che attraverso il suo saggio ci mette di fronte alle domande giuste, muovendo in parte da una visione cristiana. Il peccato e il male, il rapporto fra Dio e l’uomo, la coscienza e la libertà sono certamente i temi, o meglio i misteri, più ricorrenti che alimentano le riflessioni del grande scrittore russo e su cui si sofferma anche l’autore.
Le osservazioni di Dostoevskij sono complesse e profonde, e per questo necessitano di un ritmo lento per essere assimilate e comprese. Lo sa bene Natale Fioretto, Direttore editoriale di Graphe.it, che abbiamo intervistato per farci raccontare le sue considerazioni su questo interessantissimo saggio.
Perché leggere Dostoevskij di Antonio Schlatter Navarro
1) Salve Natale, lei è nuovo ai lettori di Sguardo ad Est, ci racconta brevemente cosa fa nella vita e quali sono le sue passioni?
La ringrazio per questa opportunità. Sono docente di lingua e cultura italiana all’Università per Stranieri di Perugia, e per un certo periodo ho insegnato anche Traduzione dal russo. La mia formazione nasce come slavista, ma nel corso della mia carriera, a causa di diverse vicissitudini, mi sono trovato ad approfondire anche l’italianistica. Nutro molte passioni, ma se dovessi sceglierne due sopra le altre, direi senza esitazione la musica e la letteratura. Questi ambiti, per me, rappresentano un luogo di riflessione e crescita personale insostituibile.
2) Nella prefazione al libro di Navarro, il professor De Cesaris mette subito in chiaro le cose con il lettore: i requisiti fondamentali del lettore ideale di Dostoevskij sono pazienza e attenzione. Ci può spiegare perché?
Dostoevskij è, prima di ogni altra cosa, uno scrittore scomodo, più che semplicemente difficile. Il motivo è stringato, ma profondo: la sua scrittura richiede al lettore uno sforzo aggiuntivo di attenzione e una necessaria lentezza di lettura. Dostoevskij non può essere “consumato” velocemente; va piuttosto assimilato, digerito con calma. Solo così la sua opera riesce a penetrare a fondo nell’animo del lettore e a risuonare con la complessità delle sue domande esistenziali. Occorre tempo affinché le sue parole svelino appieno il loro significato profondo.
3) Dostoevskij, dopo l’esperienza traumatica della prigione, uscì da quel luogo terribile con il Vangelo sotto il braccio e una forte consapevolezza. Leggendo le pagine di Navarro scopriamo a cosa era giunto lo scrittore russo?
In realtà, la consapevolezza di Dostoevskij inizia a maturare già prima della prigione, nel terribile momento della condanna a morte. Lo scrittore fu portato al patibolo, legato, bendato, e giusto prima che il plotone di esecuzione facesse fuoco, venne graziato. Posso solo immaginare cosa abbia provato in quell’istante e quanto questa esperienza lo abbia segnato. Da quel momento, Dostoevskij iniziò a soffrire di epilessia, una condizione angosciante che, tuttavia, egli percepiva come una sorta di liberazione. Durante ogni crisi, riusciva a estraniarsi dalla realtà circostante e a toccare, quasi, una forma di beatitudine. Navarro interpreta la sua opera intera come una sorta di liturgia, un servizio reso all’anima, che cerca di elevare l’uomo al divino proprio partendo dalla sua finitezza e dalle sue limitazioni.
4) Qual è la parte del saggio di Navarro che ha trovato particolarmente interessante e perché?
Come traduttore, ho trovato soprattutto interessanti le numerose citazioni delle opere di Dostoevskij. Navarro è un fine conoscitore dello scrittore russo e spesso cita passaggi a memoria; tuttavia, il mio ruolo è stato quello di verificare queste citazioni e correggere eventuali imprecisioni, ritraducendo dal russo alcuni passaggi per restituire al lettore un testo il più fedele possibile all’originale. Questo processo, per me, è stato non solo un impegno tecnico, ma anche un’esperienza stimolante che mi ha permesso di rivivere l’intensità delle parole di Dostoevskij.
5) “L’Idiota” e “I fratelli Karamazov” ricorrono spesso in questo saggio. Qual è, secondo lei, tra i due romanzi quello che meglio rispecchia le riflessioni di Navarro nel suo saggio?
È una domanda complessa, perché entrambi i romanzi affondano le proprie radici nella stessa visione filosofica e spirituale di Dostoevskij. Potremmo, usando una metafora botanica, immaginarli come due rami che spuntano dallo stesso tronco sotterraneo. “L’Idiota” e “I fratelli Karamazov” esplorano temi profondamente legati alla spiritualità, al senso della vita e alla natura dell’uomo, e, in tal senso, ognuno dei due rispecchia un aspetto particolare delle riflessioni che Navarro sviluppa nel suo saggio. Se “L’Idiota” può essere visto come una riflessione sull’innocenza e sulla purezza dell’animo, “I fratelli Karamazov” si addentra nelle contraddizioni e nei conflitti morali che dilaniano l’uomo. Entrambi, in modi diversi, incarnano la complessità della visione di Dostoevskij.
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