Lo chiamavano Tyson di Mauro Valentini

Lo chiamavano Tyson di Mauro Valentini

Perché leggere il libro

Lo chiamavano Tyson di Mauro Valentini edito da Armando Editore è il primo romanzo del giornalista, che di recente si è occupato di un noto fatto di cronaca con la pubblicazione del libro Mio figlio Marco, la verità sul caso Vannini. 

Il romanzo di Valentini è stata una sorpresa. Il libro scorre inizialmente fluido, con toni pacati senza particolari momenti di suspense, fino a quando, a metà del romanzo, piano piano, tutto e tutti iniziano a confluire verso un’unica, grande tragedia. Leggendo Lo chiamavano Tyson, non ho potuto non provare una profonda tristezza per un mondo ai margini che non consente alcun riscatto sociale e personale e di cui spessissimo ci dimentichiamo.

Valentini conosce bene il mondo degli emarginati, delle periferie e degli emigranti. Ha raccontato le loro vite numerose volte e il suo romanzo trae ispirazione da storie reali nelle quali si è imbattuto nel corso del suo lavoro. Chi vive ai margini della società e nelle periferie degradate, vegeta, sapendo di essere in un vicolo cieco, in una strada senza uscita. La periferia e il degrado abbrutiscono, incattiviscono, e questo, Fausto Colasanti, detto Tyson (non a caso), lo sa bene. Quando nessuno ti dà chance per cambiare, per migliorare, per esprimere le tue capacità e il tuo talento, la rabbia ti monta dentro e ti logora ogni giorno di più, divorandoti l’anima, soffocando quello che di buono e di bello c’è in te.

Tyson ha cinquant’anni, e nonostante l’aspetto fisico (enorme, con il collo taurino, scontroso e perennemente accigliato), in realtà è una persona sensibile, empatica verso chi soffre, ama la buona musica, il cinema e la lettura. La vita qualche opportunità per riscattarsi gliel’ha data, ma a lui, a causa di quella maledettissima rabbia che gli galoppa dentro e che ormai è una seconda pelle, gli rovina sempre tutto, inibendogli qualsiasi rivalsa nei confronti del suo destino.

Il romanzo, come indicato in apertura dall’autore, è dedicato:

A quelli della mia generazione, recisa dai quartieri di origine e confinata nelle case popolari di Roma dal 1970 al 1980.

 A chi ce l’ha fatta e a chi si è perduto.

Sinossi

Fausto Colasanti, detto Tyson, sopravvive facendo piccoli lavori saltuari.  Un compagno di infanzia, divenuto famoso chef, lo segnala per un lavoro che sembra un’ottima occasione lavorativa: fare vigilanza nella villa di un ricco imprenditore.  Tyson proporrà il suo amico Alcide Pennello, e insieme saranno i custodi di Villa Azzurra per qualche mese, per 24 ore al giorno. L’edificio però, è dotato di un originale sistema antintrusione, una gabbia blindata, una sorta di prigione per i ladri che permette ai custodi di avvertire la polizia. L’incapacità di Tyson di gestire con responsabilità e sangue freddo la situazione, aggiunta all’inesperienza di Pennello e alle azioni imprevedibili di tutti gli altri personaggi che ruotano attorno alla vicenda, scateneranno una serie di eventi avvincenti e drammatici, che manterranno il lettore incollato al libro fino all’ultima pagina.

zona Eur di Roma

Lo chiamavano Tyson di Mauro Valentini

Il racconto scorre fluido. Ogni pagina lascia intendere che qualcosa di tragico sta per accadere, mantenendo il lettore sempre in ansia per un fatto, un evento che rivela una svolta nella storia e che, invece, arricchisce di dettagli l’ultima grande tragedia finale.  

Le storie dei singoli personaggi (ce ne sono circa una decina), sembrano slegate le une dalle altre, per ricongiungersi poi alla fine, a rimarcare ancora una volta che, forse, per alcuni il destino è marchiato addosso fin dalla nascita e chi vive ai margini, resta ai margini, nonostante qualche blanda opportunità.

Mario Ascolese, detto Bruschetta, l’amico di infanzia di Tyson, invece ce l’ha fatta. Come Tyson, da ragazzino ha vissuto il trasferimento coatto per un alloggio popolare ai palazzoni, ma da quei mostri orribili voleva staccarsi, e lo ha fatto. Ha rincorso un sogno, una passione che ha affinato fuori da quel degrado. E’ diventato un rinomato chef e ha trovato lavoro presso uno degli uomini più ricchi di Roma, il Commendatore Peroni.

Tyson, come dicevo, è una persona intelligente e sensibile e quando incontra il Commendator Peroni, riuscirà a farsi benvolere. Ma un’occasione, se non sei abituato a vivere in un contesto inclusivo e se non hai sviluppato un consapevole senso di responsabilità e rispetto, si rivela solo un’effimera occasione.    

Quando si è presentata l’opportunità, nonostante con la mente rigettasse l’idea del suo passato, Mario Ascolese ha pensato al suo amico Tyson che con lui, quando erano ragazzini, era stato sempre gentile, cosa che non facevano gli altri. Quando il Commendatore Peroni ha avuto necessità di una lunga sorveglianza alla villa, lui ha pensato a quell’omone grande e grosso della sua infanzia. Poteva essere la persona giusta, anche se non era convinto fino in fondo (e non a torto). Tyson, infatti, nonostante l’età, ancora non aveva imparato a controllarsi. Del resto, non poteva essere diversamente. Il degrado ti respinge, è fatto di soprusi e violenze, l’asticella della difesa deve essere sempre alta per non soccombere e Tyson riusciva a difendersi dalle ingiustizie della vita solo sfogando la propria rabbia con tutta la forza che possedeva.

Il libro, infine, è un bellissimo viaggio negli anni 70 e 80 e Mauro Valentini tira fuori dei ricordi che non possono non far impazzire i “giovani” di quell’epoca come me. Il motorino Ciao, il mitico Falcao, Lupin, Diabolik, i film di Hitchcock, Starsky e Hutch solo per citarne alcuni. E poi la musica, quanta musica! Mauro Valentini ci sorprende davvero con tutto, un repertorio unico, una vera ghiottoneria!

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