Il più solitario fra tutti i poeti solitari: Robert Walser e le sue passeggiate

Robert Walser

Un passeggiatore solitario di W.G Sebald è un libricino di poco più di 60 pagine che tratteggia uno degli scrittori più inafferrabili della letteratura: Robert Walser

La galera della scrittura

“Le tracce che Robert Walser lasciò sul suo cammino furono così lievi che hanno rischiato di disperdersi”.  Questo incipit mi ha incuriosita immediatamente, avviluppandomi nel perenne fuoco della curiosità che mi inchioda per ore, fino allo sfinimento, davanti al PC. Quando le gambe cominciano letteralmente a bruciarmi, allora capisco che ho superato le dodici ore seduta e mi devo alzare. Mi è accaduto anche questa volta, durante l’intervista alla scrittrice Grazia Verasani, autrice di Solitudini ed. Oligo che mi ha introdotto alla solitudine del poeta e scrittore Robert Walser (1878 – 1956), l’uomo che trovava nelle lunghe passeggiate solitarie la sua fonte di ispirazione, il suo mondo.

foto da Un passeggiatore solitario di W.G Sebal ed Adelphi, 2006

C’è troppo da dire su Walser, quindi mi sono limitata solo alle cose che mi hanno fortemente incuriosita ed emozionata, perché immaginare un uomo immerso nelle sue passeggiate, che riflette, si lascia ispirare da tutto ciò che lo circonda per conoscere meglio se stesso e trarre linfa per i suoi scritti, sì, mi emoziona.

Ha lasciato poche tracce Robert Walser, poeta e scrittore svizzero di lingua tedesca. Ci sono diversi buchi nella sua biografia, ma una cosa certa la sappiamo: la scrittura era la sua vita. Non smise mai di scrivere neanche quando in età avanzata gli risultava fisicamente difficile. Era un’ossessione la sua, un’esigenza dalla quale non poteva esimersi, anche quando finì in per lungo tempo in una casa di cura

Di una galera della scrittura ci parlava Walser, di un carcere, di una camera blindata e del rischio che uno sforzo tanto prolungato gli avrebbe fatto perdere la salute mentale: 

“la mia schiena s’ingobbisce perché rimango spesso sedute per ore e ore, curvo su una parola che deve compiere il lungo cammino dal cervello alla carta”.

Le paure più grandi di Robert Walser

Erano tanti i motivi per cui Walser non smise mai di scrivere, ma tra i tanti, due mi hanno particolarmente incuriosita, perché legate a cementate paure. La paura dell’indigenza, che lo attanagliava fin dall’adolescenza, da quando cioè il padre era andato sul lastrico con la sua cartoleria. Il fatto condizionò tutta l’esistenza di Walser. E poi la paura del decadimento. Al tempo, gli scrittori, specialmente i poeti, erano considerati una categoria in un certo senso quasi superiore, dei “mezzi signori” investiti del compito di rappresentare la nazione e che non avrebbero mai dovuto smettere di scrivere fino a che la penna non fosse caduta loro di mano. Walser non voleva essere ricordato per uno che aveva mollato, che non era stato all’altezza di quel compito lì. No, non lo avrebbe mai sopportato. Ecco perché scrisse fino a che le forze glielo permisero. Lui era un poeta con la “p” maiuscola.

foto da Un passeggiatore solitario di W.G Sebal ed Adelphi, 2006

Chi lo conosceva parlava di un uomo solitario, dallo sguardo mite, flemmatico, che portava sempre l’ombrello (anche con il sole pieno), che non abbottonava mai il primo bottone del gilè, estraneo a qualsiasi vanità, a volte vestito come un dandy, un bohemien, altre volte completamente trasandato con il colletto floscio e l’abito logoro, puntellato qua e là di rammendi e buchetti. 

Il libro delizioso che mi ha ispirato la lettura di un racconto di Robert Walser è stato il Un passeggiatore solitariodi W.G Sebald (1944-2001) edito da Adelphi dal quale ho tratto numerosi spunti di riflessione per ulteriori ricerche e letture.

Un passeggiatore solitario di W.G Sebald

W.G Sebald è considerato uno dei più grandi saggisti contemporanei, a cui probabilmente sarebbe andato il Premio Nobel per la Letteratura, se un incidente stradale non lo avesse ucciso prematuramente. In questo libricino delizioso di 60 pagine, l’autore raccoglie tutte le informazioni che ha a disposizione su Robert Walser, restituendoci un quadro commovente, di una persona distaccata da qualsiasi bene materiale, a volte anche dai suoi simili, che sembrava librarsi con l’anima nell’aria, contemporaneamente dentro e fuori questo mondo. A tenerlo ancorato alla terra era certamente la scrittura ma della sua vita non sappiamo molto, ci sono alcuni periodi di vuoto completo come quelli dei primi del 1900. Ci sono certamente note diverse ombre che oscuravano la mente di Walser e che si ricollegavano alla malattia mentale della madre, al desiderio di voler frequentare una scuola per attori e all’insofferenza per ogni tipo di lavoro che trovava. In Un passeggiatore solitario, W.G Sebald dice:

[…] “Come interpretare d’altronde un autore che, pur così minacciato dalle ombre, sapeva diffondere a ogni pagina una luce tanto amabile, un autore che stilava racconti umoristici per pura disperazione, che scriveva quasi sempre le medesime cose, ma non si ripeteva mai, un uomo al quale i suoi stessi pensieri affinati sulle minuzie diventavano incomprensibili, che era in tutto e per tutto con i piedi per terra e si liberava senza ancoraggio nell’etere, uno scrittore la cui prosa ha la peculiarità di dissolversi alla lettura, sicché già dopo poche ore quasi non ricordiamo più i personaggi, gli eventi e gli oggetti effimeri di cui parlavano le pagine appena lette?[…] 

 Tutto ciò che troviamo scritto in questi libri, davvero incomparabili, possiede  – come avrebbe potuto dire il suo autore –  un’inclinazione a volatilizzarsi.[…]

Un passeggiatore solitario di W.G Sebald è una lettura piacevolissima che sono certa vi incuriosirà a tal punto da farvi acquistare un’opera di Robert Walser come è capitato a me. Io ho scelto la Passeggiata ed. Eiaudi che vi consiglio vivamente!

Buona lettura

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