Gala, moglie russa e musa di Salvador Dalì

Elena Dmitrievna D’jakonova è Gala, moglie russa e musa di Salvador Dalì, croce e delizia del grande artista spagnolo
Perché “Gala”
Gala, moglie russa e musa di Salvador Dalì è stata un personaggio di grande spicco negli ambienti artistici del Novecento. Donna libera, con un attaccamento morboso al danaro, amante tenera e manager con un grande fiuto per gli affari, Gala è stata il pilastro di Salvador Dalì. Preservandolo dalla pazzia, ne stimolò le potenzialità creative, generando uno dei personaggi più eclettici ed estrosi della storia.
Il vero nome di Gala (1894-1982) era Elena Dmitrievna D’jakonova. Probabilmente il suo pseudonimo era legato ad un ricordo felice e “illustre”: Galočka, così la chiamava la sua amica Marina Cvetaeva, la grande poetessa russa. Anche il marito, Salvador Dalì, la riempiva di nomignoli. A volte la chiamava “Oliva” per la forma dell’ovale del viso e per il colore della sua pelle; altre volte “Scoiattolo” per il temperamento vivace che la faceva assomigliare a un furetto selvatico oppure ancora “Ape” perché produceva miele per i suoi pensieri.
Gala proveniva da una famiglia di intellettuali, poveri. Era nata a Kazan e cresciuta a pane e letteratura, passione che le rimase e che coltivò per tutta la vita. Il padre era un funzionario del Ministero dell’Agricoltura dell’Impero russo che morì quando lei aveva soli 10 anni. La madre si risposò poi con un rinomato avvocato moscovita a cui Gala si legò molto, e con il quale mantenne una lunga corrispondenza.

Il triangolo no: il primo matrimonio
Gala conobbe il primo marito, Paul Éluard, giovanissima, quando fu mandata in sanatorio in Svizzera per un problema respiratorio. Lì conobbe il diciassettenne Paul che aspirava a diventare poeta e che ammaliò Gala parlando con fervore delle avanguardie artistiche. I due cominciarono a immaginare un futuro insieme, ma la famiglia di Gala la ostacolò fin da subito. La giovane russa era troppo caparbia per mettere un punto alla questione. Trascorsero alcuni anni, i due mantennero una fitta corrispondenza fino a quando Gala riuscì a raggiungere Paul a Parigi. L’idillio, però, durò poco perché il giovane poeta decise di arruolarsi volontariamente nell’esercito, lasciando Gala a convivere con sua madre, particolarmente provata per la guerra in atto (Prima guerra mondiale). Ma non tutto andò perduto. Paul, infatti, a causa dei cagionevoli problemi di salute, fu rispedito a casa, e i due si sposarono nel 1917. Dopo un anno, nacque la figlia Cecile, di cui Gala non si curò mai, perché non sentiva alcun istinto materno.
Gli anni passavano e i giovani sposi entrarono a far parte del circolo del maggiore esponente delle avanguardie surrealiste, André Breton. Da quel momento per i due iniziò una strada tutta in discesa. Diventarono in breve tempo una coppia amatissima, lui un apprezzato poeta e lei una presenza misteriosa e carismatica.
L’idillio con il marito cominciò ad incrinarsi dopo qualche anno, quando Gala instaurò una relazione a tre con il pittore Max Ernst, di cui Gala diventò amante e musa. Il triangolo durò qualche anno per poi interrompersi. Era inevitabile che il rapporto tra Gala e Paul Éluard a quel punto si logorasse definitivamente. Ciliegina sulla torta fu l’incontro conSalvador Dalì.
Siamo nel 1929 e tra i due nacque subito una fortissima intesa artistica e intellettuale. Gala riconobbe immediatamente il valore artistico di Dalì. Grazie al suo fanatismo e alla sua caparbietà, la donna riuscì a convincere gli amici surrealisti circa il talento di Salvador. Da quel momento iniziò il sodalizio artistico tra i due. Era chiaro a tutti che Gala era la sua manager e la sua musa. È lei che organizza le mostre di Dalì ed è sempre lei che organizzerà e visionerà tutte le sue opere, sia i dipinti che gli scritti. Dalì non ne fece mai mistero, anzi. La maggior parte delle sue opere sono dedicate esplicitamente a lei, in modo da ufficializzarne il ruolo professionale.

Gala, moglie russa e musa di Salvador Dalì
La giovane musa russa non ebbe mai vita facile in merito alle sue scelte amorose. Anche in questo caso la famiglia ostacolò quell’unione, ma questa volta non fu la sua che le mise i bastoni fra le ruote, bensì quella di Dalì. Il padre di quest’ultimo era così contrario alla loro unione (Gala aveva dieci anni in più di Salvador) che non solo lo cacciò dalla casa di famiglia, ma addirittura modificò il testamento in favore esclusivo della sorella.
A questo era chiaro, che tari i due, solo Gala poteva prendere in mano la situazione finanziaria della neo-coppia, che andò per la propria strada anche senza la benedizione paterna. Lo spirito intraprendente di Gala le consentì di stringere rapporti con importanti galleristi e mecenati del tempo che contribuirono al successo di Dalì. Con il sostegno economico del Visconte de Noailles, ad esempio, la coppia ottenne una piccola casa nel villaggio di pescatori di Port Lligat, in Spagna, che divenne fino al 1968 l’unica dimora fissa dei Dalì.
Gli anni’30 furono il periodo più florido per Dalì che dedicò tutte le sue opere a Gala. Quest’ultima ossessionata dal denaro aveva escogitato un modo per garantire ad entrambi una sorta di rendita fissa. Riuscì a stilare una lista di dodici sostenitori (europei e americani) che si sarebbero impegnati a supportare economicamente Dalì, ognuno per un mese, per la durata complessiva di un anno. Secondo il piano di Gala, Dalì avrebbe prodotto per loro, ogni mese, due opere.
Una cosa è certa: l’estrosità dell’artista catalano fu possibile grazie proprio all’attaccamento di Gala al danaro. Cercava di guadagnarselo in qualsiasi modo, non le interessava come. Era una macchina per fare soldi che sperperava nel lusso e nella vita agiata. Gala aveva un eccezionale fiuto per gli affari e si faceva guidare nelle sue scelte dall’intuizione, una dote che non la faceva mai cadere in fallo.
Era terrorizzata dalla povertà e dagli stenti e anche quando attraversava grandi momenti di difficoltà economica non pensò mai di moderarsi, anzi, faceva finta che il problema non esistesse.

Mai più senza soldi
Nel 1934 Gala e Dalì convogliarono a nozze. Dal 1940 al 1948 la coppia si stabilì definitivamente negli Stati Uniti e i rapporti con i surrealisti iniziarono ad allentarsi, specialmente per le posizioni di Dalì che non si schierava apertamente contro il fascismo e che non fece mistero della commercializzazione sfrenata delle sue opere. Non è un caso che André Breton inventò per Dalì il soprannome Avida dollars, anagramma del suo nome e cognome proprio per indicare la sete di danaro che lo caratterizzava.
Un quadro della vita e della quotidianità della coppia a New York è data nel bellissimo film Dalìland da poco nelle sale italiane, che rende perfettamente la vita lussuosa, ambigua e dedita allo spreco della coppia Gala-Dalì.
Grazie ai soldi che arrivavano a fiumi da Gala, manager e musa, Dalì riuscì a creare il suo personaggio, un uomo dalle mille stravaganze che poteva permettersi di scioccare il pubblico grazie alle grandi quantità di danaro investite da Gala per la costruzione della sua immagine. In giovinezza, uno dei passatempi preferiti di Dalì era “mettere le banconote nel whisky e aspettare che si inzuppassero per vederle poi scolorirsi irrimediabilmente” (S.Dalì, La mia vita segreta). Da giovani, Dalì e Gala erano completamente squattrinati e il terrore di continuare a vivere nella povertà li aveva spinti a suggellare una sorta di patto, un segreto che li univa: “mai più senza soldi”, si sarebbero giurati.

Gala era una vera e propria femme fatale, tradiva regolarmente Dalì con uomini più giovani di cui diventava amante, madre, musa e consigliera artistica. Da Salvador però, non avrebbe mai divorziato.
Nel 1968 Dalì acquistò il castello di Púbol, un dono per Gala, che può essere considerato come un grande oggetto surrealista e che Gala accettò a condizione che il marito approvasse di poterle fare visita solo su invito scritto!
Gala e le sorelle Cvetaeva
Oltre al danaro e alla libertà, Gala aveva un altro punto fermo nella sua vita, l’arte. Era amica stretta delle sorelle Cvetaeva, specialmente di Anastasia la sorella della grande scrittrice russa Marina Cvetaeva e frequentava spesso la loro casa. L’atmosfera creativa che vi regnava le servì da stimolo per plasmare il suo futuro in quella direzione. Gala conobbe le due sorelle a Mosca, nel corso delle superiori quando la sua famiglia lasciò Kazan dopo la morte del padre.
Marina Cvetaeva dedicò alla sua amica Galočka (così chiamava Gala) una poesia che intitolò la “Mamma nel giardino a Galia D’jakonova” pubblicata nella prima raccolta Album serale. Nella poesia, Marina Cvetaeva racconta di una Gala solo esteriormente al sicuro e forte, per poi soffermarsi su una vita di paure e solitudine. La famiglia Cvetaeva era sempre stata molto delicata nei confronti di Gala senza mai farle pesare lo stato di povertà in cui versavano lei e la sua famiglia.
Nel 1974 Anastasia Cvetaeva, la sorella di Marina, mandò a Gala la sua autobiografia, con una dedica: “Alla mia cara Galushka, come ti chiamava Marina, alla mia amica dall’adolescenza, il libro della nostra giovane e vecchia Mosca. Con tenero affetto, Assia Cvetaeva (nell’anno del mio ottantesimo compleanno).
Gala, moglie russa e musa di Salvador Dalì, morì il 10 giugno 1982 a Port Lligat ed fu sepolta nella cripta del castello di Pùbol.
Nel 1983 è stata creata la Fondazione Gala-Salvador Dalì, che nel 1988 pubblicò Elegie a Gala,
una raccolta di poesie di Dalì in cui l’artista esprime il dolore per la perdita della compagna.
Foto di copertina da: I maestri dell’arte moderna, Dalì, ed Skira, 2018
Fonti:
https://m.realnoevremya.ru/articles/252271-anastasiya-cvetaeva-o-gala-dali
I maestri dell’arte moderna, Dalì, ed Skira, 2018
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Mi chiamo Francesca Amore, classe 1971, nata a Napoli e residente a Roma da quasi vent’anni. Roma ormai mi ha completamente adottata, e ricambio questo affetto scoprendola in lungo e in largo, raccontando le sue storie dimenticate e le sue bellezze che lasciano senza fiato.








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