FAIRYDROID di Emiliano Caruso

Scrittura: mon amour
FAIRYDROID di Emiliano Caruso edito da Aletheia è l’ultimo romanzo dell’autore romano. Scrittore prolifico ha al suo attivo, ogni anno, centinaia di articoli che si accompagnano a racconti e ad almeno due romanzi. Caruso sembra un fiume in piena. Le idee non gli mancano. Ogni fatto, evento, racconto, storia o personaggio che incrocia il suo cammino ha certamente qualcosa che vale la pena sviscerare. E’ nascosto lì, deve solo essere tirato fuori. E poi, la fantasia, la creatività e l’originalità fanno il resto. Insomma, mica cosa da poco.
In trent’anni di carriera Emiliano Caruso ha scritto per varie testate, tra cui Il Fatto Quotidiano e Antimafia Duemila. È critico videoludico per la testata VgMag e scrittore di viaggi per Terre Incognite magazine. Collabora come scrittore di narrativa horror/fantasy/fantascienza con varie case editrici e riviste, tra cui “Il magazzino dei mondi”, “Dimensione Cosmica”, “Weird” e “Zothique”.
Vincitore di vari riconoscimenti, tra cui il primo posto al Premio Jack Kerouac, ha pubblicato vari libri e raccolte di racconti.

Sinossi
La costruzione e il commercio di replicanti destinati a svariati compiti rende la National Replicant Corporation una delle aziende più ricche al mondo. Grazie alla creazione di parchi dove è possibile dare la caccia ad androidi che replicano le sembianze di gorilla, squali, elefanti e altri animali quasi estinti, turisti ricchi da tutto il mondo riempiono le casse dell’azienda. Il successo dell’idea induce la NRC a spingersi oltre e a creare androidi identici a creature di fantasia. Ora si può dare la caccia a un drago, un elfo, una sirena o un troll.
Qualcosa però va storto durante un safari. Viene ucciso un androide mai visto prima e contemporaneamente, in altri safari, arrivano notizie di attacchi inspiegabili. La National Replicant Corporation è costretta a questo punto a sviluppare un nuovo e potente sistema di intelligenza artificiale e reclutare i migliori esperti al mondo per affrontare una nuova, pericolosa minaccia per l’umanità.
FAIRYDROID di Emiliano Caruso
Salve Emiliano, lei ha scritto il suo primo racconto all’età di 8 anni e da allora la scrittura è stata una compagna inseparabile di vita. Si ricorda qualcosa di quel periodo? cosa le dissero i suoi genitori in proposito?
Mi piace la tua frase della scrittura come compagna inseparabile di vita. Riassume in poche parole la colonna portante della mia vita. Sì, il racconto è “Scritto sulla lapide”. Il quaderno originale è andato perduto ormai da decenni, ma la struttura centrale è rimasta nella mia memoria fino a quando, una volta diventato scrittore di professione, l’ho approfondito e riscritto. È ancora inedito, dal momento che collaboro più che altro con riviste di fantascienza e horror, e quello è più che altro una storia romantica di fantasmi. Se non erro, attualmente è in mano a “World Science Fiction Magazine” che ha acquisito buona parte del mio archivio.

Di quel periodo ricordo bene le circostanze: ogni anno passavamo i tre mesi estivi a Fiumicino, un paese di pescatori che era (ed è ancora) per me una forte fonte di ispirazione. Osservavo spesso, da lontano, un vecchio faro (c’è ancora, lo stanno finalmente restaurando) e ci montavo sopra molte fantasie, finché non mi venne fuori una storia ambientata in quell’edificio.
Tra l’altro quello fu un anno pieno di stimoli: vidi il film “La storia infinita” al cinema, che mi coinvolse molto e mi fece capire il potere dei libri, e soprattutto il film di “Blade Runner”, il mio preferito in assoluto, che impiantò nella mia mente, già all’epoca, i semi della passione psicologica per la fantascienza e i replicanti.
Per quanto riguarda i miei genitori, già all’epoca erano divorziati e vivevamo con mia madre. A farmi da padre furono più mio fratello maggiore e le mie sorelle maggiori. Ma va detto che nessuno mi ha mai ostacolato in questa scelta. Anzi, mi hanno sempre sostenuto. Tra l’altro, nella mia famiglia si è sempre letto molto, e questo ha costituito un altro forte stimolo per me.
Lei è giornalista e ha al suo attivo diversi reportage, premi, romanzi e racconti; scrive di tutto insomma. C’è un genere letterario che l’appassiona più degli altri?
Credo di essere molto prolifico. Scrivo una media di 300 articoli, una ventina di racconti e un paio di libri all’anno, da qualche tempo. Per la narrativa prediligo fantascienza, horror, fantasy e weird. Ma nei miei racconti cerco sempre di inserire elementi originali, non abusati, e almeno un colpo di scena. E finora ha funzionato.
Per quanto riguarda il giornalismo sono sempre stato appassionato di reportage. Mi sono recato in vari paesi per conto di una rivista, tra cui Scozia, Ucraina, Chernobyl, Inghilterra e Francia. Amo molto anche occuparmi di misteri storici e archeologici. Per qualche anno mi sono occupato di inchieste e antimafia, finendo anche sulle pagine de “Il fatto quotidiano” ed entrando nelle associazioni di polizia e carabinieri.
FAIRYDROID è ambientato nel futuro e ha come argomento principale l’Intelligenza Artificiale. C’è stato un evento o un fatto che l’ha colpita particolarmente e che l’ha spinta a scrivere su questo argomento?
In genere le mie storie nascono da un nucleo centrale. Del genere “Un’azienda che organizza una lotteria per vincere un viaggio in una colonia extramondo” o “Una sirena mummificata trovata in fondo a un pozzo”. Ho taccuini strapieni di queste idee. Da lì inizio a pormi delle domande come lettore, del tipo “Come è finita lì, quella sirena?”, che portano a mano a mano alla trama.
Nel caso di Fairydroid l’dea iniziale era solo quella di un’azienda del futuro che organizza safari con replicanti di animali in via di estinzione, come gorilla e tigri. In seguito, mi è venuta l’dea di unire tre generi, fantasy, fantascienza e horror, e da lì il resto è venuto fuori da solo, nella mia mente.
Non c’è stato un evento specifico, è stato più un insieme di idee. Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, molti romanzi si concentrano sul fatto che essa potrebbe dominare in futuro l’umanità. Teoria che personalmente trovo poco plausibile per molti fattori, in primis per il fatto che bisognerebbe prima raggiungere un perfetto connubio tra la parte software (schemi di comportamento, tempi di reazione eccetera) e quella hardware (gli involucri fisici) che difficilmente potremo vedere almeno per i prossimi decenni.

Senza spoilerare molto, qual è la parte del libro che l’ha coinvolta di più mentre scriveva. E perché?
Sono due. La creazione di Eva, un sistema di intelligenza artificiale che ha un ruolo molto importante nella trama, e quella del Primo narratore, un’altra figura che dona un retroscena coerente all’intera vicenda. Trovo antipatico e poco rispettoso, nei confronti dei lettori, non spiegare bene cosa sia accaduto in una trama.
Di solito, molti scrittori vogliono lanciare un messaggio con il loro libro. E’ anche il suo caso? Poiché il tema dell’IA è drammaticamente attuale, c’è qualcosa che vorrebbe che i lettori cogliessero?
Mi interessa molto il lato emotivo con cui l’umanità potrebbe infine essere coinvolta con l’intelligenza artificiale, e i futuri sviluppi. Vedo già gente che non esce di casa con amici reali per poter passare il tempo a dialogare con un’intelligenza artificiale. In un mio racconto per “World Science Fiction Magazine” ho persino coniato il termine “Robogamia”, che indica un futuro matrimonio tra umani e androidi/ginoidi.
Nei miei lavori cerco quindi di lanciare questo messaggio: tranquilli, non avremo un Terminator che se ne va in giro a sterminare umani. Il rischio è che iniziamo a essere troppo coinvolti noi a livello emotivo con queste nuove tecnologie, al punto da trascurare i sentimenti reali.
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Mi chiamo Francesca Amore, classe 1971, nata a Napoli e residente a Roma da quasi vent’anni. Roma ormai mi ha completamente adottata, e ricambio questo affetto scoprendola in lungo e in largo, raccontando le sue storie dimenticate e le sue bellezze che lasciano senza fiato.








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