Čajkovskij: Roma, ti amo e ti odio

Čajkovskij Roma

Il rapporto del grande compositore russo Čajkovskij con Roma, in un misto di fastidio, riconoscenza e fascino

La musica e il mito di Pietroburgo

Pyotr Ilyich Čajkovskij (7 maggio 1840 – 6 novembre 1893) è stato uno dei compositori russi più celebri e influenti di tutti i tempi. Oggi è il giorno della sua nascita e non potevamo non ricordarlo, innanzitutto con grande riconoscenza. Čajkovskij, infatti, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della musica, emozionandoci con composizioni di grande bellezza e forte trasporto emotivo. 

Personalità inquieta, a tratti isterica e nervosa, egocentrico, Čajkovskij ha saputo cogliere e interpretare per primo in Russia, specialmente a Pietroburgo, quell’atmosfera nostalgica, sull’orlo dell’abisso, odorosa di morte che contribuì a rafforzare il mito di Pietroburgo. Sotto l’influsso della musica del compositore russo, il gruppo artistico Mir iskusstva promosse la rinascita dell’idea di Pietroburgo come provvidenziale faro spirituale e culturale della Russia (Čajkovskij farà morire in uno dei canali più amati della città, il Canale dei Cigni,la protagonista dell’opera pietroburghese la donna di picche). 

Il musicologo Boris Asaf’es affermerà addirittura la supremazia della musica nel creare la leggenda del mito Pietroburghese:

Ormai la cultura pietroburghese non può più essere cancellata dalla storia e dall’umanità. E in questa cultura la musica ha forse il ruolo più importante. Soprattutto l’opera di Čajkovskij, ispirata dalle illusioni delle notti bianche pietroburghesi e dagli stridenti contrasti invernali: i tronchi neri degli alberi, il manto di neve, le opprimenti masse di granito e il nitore delle cancellate di ghisa (B. Asaf’ev, studi sinfonici, Leningrado 1970).

La musica quindi, più della pittura, riuscì a trasferire lo spirito e l’anima di Pietroburgo all’Europa, la sua maestosità, trepidazione e spiritualità. 

La popolarità di Čajkovskij non tardò ad arrivare in Occidente. Negli Stati Uniti la sua gloria fu incrementata certamente dalla partecipazione (come direttore) all’inaugurazione del Carnegie Hall nel 1891. In quel periodo era difficile pensare a un Natale senza che ovunque risuonassero le note dello Schiaccianoci; allo stesso modo sembrava strano immaginare a un giorno dell’indipendenza (il 4 luglio) senza colpi di cannone e fuochi d’artificio accompagnati dall’ Overture 1812.

Foto di dominio pubblico

Sicuramente alla popolarità di Čajkovskij contribuì non solo la ricchezza delle sue melodie e il trasporto emotivo delle sue creazioni, ma anche gli elementi romantici e sensazionalistici della sua biografia. I suoi gusti sessuali (che gli condizionarono la vita nell’ atmosfera repressiva della Russia di fine ‘800) contribuivano al chiacchiericcio che ne aumentava la popolarità cosìbcome, successivamente, le circostanze legate alla sua morte. Era vero che si era avvelenato a San Pietroburgo a soli 54 anni? oppure bisognava dar credito alle autorità secondo cui il compositore russo si era spento per un’epidemia di colera?

Poca importa, le sue melodie superano le dicerie, i confini fisici e il tempo. Ancora oggi, ascoltare la sua musica è un piacere per le orecchie e per l’anima.

E l’Italia? Che posto aveva avuto nella vita e nella composizione di Čajkovskij? E Roma? Anche lui la considerava caput mundi? All’inizio proprio no.

Čajkovskij: Roma, ti amo e ti odio

Nella Pietroburgo dell’Ottocento Čajkovskij assorbiva come una spugna i gusti musicali della capitale, tra cui le arie italiane che risuonavano sulle scene dei teatri imperiali e per le quali le primedonne occidentali si facevano pagare profumatamente.  Un viaggio in Italia era quindi d’obbligo. In tutta la sua vita Čajkovskij soggiorno a Roma sei volte.

A Roma arrivò per la prima volta nel 1874, ma l’impressione non fu delle migliori, così come nei soggiorni successivi. Le bellezze della Città Eterna erano indiscutibili ma le sue strade erano strette, sporche e sudicie, e la città non offriva alcuna attrattiva. E come dargli torto? Abituato agli spazi immensi della Russia, Roma gli doveva sembrare claustrofobica;  non parliamo poi di Napoli che rumorosa com’era (ed è) lo innervosiva terribilmente, perché non riusciva a concentrarsi sul lavoro.

Quando ritornò a Roma nel 1877 l’impressione fu ancora peggiore. Probabilmente già emotivamente provato e oltremodo infastidito dalla piega che stava prendendo la sua vita sentimentale dopo il matrimonio-farsa, arrivò a Roma con un umore nero come la pece. In quello stato tutto si amplificava negativamente: la città la percepiva lugubre, cupa, rumorosa e oltremodo sporca. “Soldi buttati!” scriverà al fratello Modest.

Imperterrito, ci riprovò ancora nel 1879 e questa volta rimase anche più a lungo in quella che considerava una città “antipatica”. Il motivo della scelta era davvero singolare: stava dilapidando un patrimonio nella sua amata Parigi. La vita mondana lo assorbiva completamente, ne prosciugava le tasche e ne avvizziva la vena creativa: meglio traslocare. E così soggiornò all’Hotel de Russie, uno degli alberghi più eleganti e alla moda del tempo, frequentato da intellettuali e artisti, una meta di lusso ancora oggi in cui potrete sorseggiare i migliori aperitivi della città al Stravinskij Bar dell’Hotel. Ma l’albergo, ora come allora, era per tasche troppo altolocate, così dovette ripiegare per un altro albergo verso Piazza Barberini. In questo periodo riuscì a lavorare parecchio e nella Città Eterna mise a punto con grande soddisfazione la Seconda Sinfonia.

In questo stesso soggiorno iniziò anche il Capriccio italiano fortemente ispirato dai canti popolari che sentiva per strada e influenzato dal segnale della cavalleria italiana che udiva dalla sua stanza, davanti alla caserma dei corazzieri.

Nel 1880 Čajkovskij affittò una stanza sul via del Corso per assistere al carnevale romano. La calca lo innervosiva, la frenesia non gli piaceva, ma dirà comunque di essere stato contento di averlo visto. E anche l’atteggiamento verso ciò che gli stava attorno cominciò via via a mutare. Il compositore russo non era un appassionato d’arte e guardava con non curanza la maestosità del Colosseo e la bellezza delle chiese barocche fino a quando non ebbe la folgorazione. Tutto cambiò difronte agli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina. Così scrisse al fratello Anatolij:

Sono andato a piedi fino al Vaticano. Ho sostato a lungo nella Cappella Sistina e si è compiuto il miracolo. Forse per la prima volta nella vita ho sperimentato l’autentica estasi artistica grazie alla pittura. Ecco che significa abituarsi a poco a poco alla pittura! Ricordo che un tempo mi sembrava solo una ridicola assurdità… Alla fine della visita ero completamente esausto. Poi ho preso una vettura, ho comprato guanti e sigarette in via del Corso e ora me ne sto seduto in un accogliente angolino di Falcone*. Mi accingo a mangiare la pasta.

*Falcone: rinomata trattoria dell’epoca, luogo di ritrovo di artisti e intellettuali del tempo.

A conferma del suo umore ballerino, l’anno dopo, in un ulteriore soggiorno romano, caratterizzato da una sfrenata e inusuale mondanità nei salotti della città che si contendevano la sua presenza, scriverà che Roma lo spaventava ma che la sentiva al contempo affascinate e particolarmente vicina…

Il 1881 fu il più proficuo dal punto di vista lavorativo. Era profondamente ispirato.  A Roma, dalle 09:00 alle 16:00, lavorò all’opera Mazepa (ispirata alla Poltova di Puskin) e compose il Trio per pianoforte, violino e violoncello.

L’amore e l’odio terminarono nel 1890, anno in cui Čajkovskij concluse la partitura della Dama di Picche. In questo periodo per Roma ebbe solo parole d’amore:

Sono molto soddisfatto dell’alloggio! Ho provato una tale gioia oggi, uscendo e fiutando l’area romana così familiare e scorgendo tutti quei luoghi a me noti, che ho capito di aver fatto un’enorme sciocchezza a non stabilirmi subito a Roma. Tuttavia non voglio denigrare la povera Firenze che non ha colpe e che ho preso a detestare, senza sapere neppure io il perché, e alla quale devo essere invece molto grato per aver composto senza essere disturbato la Dama di picche (lettera al fratello Modest).

Cara, cara Roma!, 

Da Roma in estasi!

Foto di copertina di dominio pubblico

Bibliografia:

Solomon Volkov, San Pietroburgo, 1995 Mondadori

Aleksej Kara-Murza, Roma Russa, Sandro Teti editore

0 Comments

Leave A Comment

You must be logged in to post a comment.

Translate »