“Socotra. Viaggio sentimentale in un’isola impossibile” di Eleonora Sacco

Socotra. Viaggio sentimentale in un'isola impossibile di Eleonora Sacco

Bellezze straordinarie e contraddizioni insanabili

Socotra. Viaggio sentimentale in un’isola impossibile di Eleonora Sacco è l’ultima fatica dell’autrice edita da Enrico Damiani Editore

Tra un diario di viaggio e un reportage, il libro racconta Socotra, la principale isola dell’arcipelago omonimo situato nell’Oceano Indiano, poco al largo del Corno d’Africa. 

Socotra è rimasta isolata per lunghissimo tempo a causa della guerra civile che tutt’ora affligge lo Yemen, Repubblica a cui appartiene e che si trova a Nord dell’arcipelago. 

In questo libro straordinario Eleonora Sacco ci racconta un luogo magico ma anche ricco di contraddizioni che vale la pena esplorare. 

Villaggi remoti, antiche leggende e panorami mozzafiato sono raccontati attraverso lo sguardo innamorato ma attento e obiettivo di Eleonora Sacco, che ha quei luoghi nel cuore e che in questo libro ha saputo coglierne le sfumature più profonde.

Come di consueto, ringrazio l’autrice per questa bella intervista ricca di spunti utili per approfondire, attraverso il suo racconto appassionante, uno dei luoghi più belli del mondo e, purtroppo, anche preda di nuovi flussi di turismo e danaro.

Socotra. Viaggio sentimentale in un’isola impossibile di Eleonora Sacco

Ciao Eleonora, i lettori di Sguardo Ad Est già ti conoscono perché ti ho intervistata tempo fa in occasione dell’uscita di Piccolo alfabeto per viaggiatori selvatici. Ci rinfreschi un po’ la memoria e ci racconti brevemente cosa fai nella vita e quali sono le tue passioni?

Ciao! Di lavoro mi occupo di viaggi per kukushkatours.it, faccio la guida in Caucaso, Asia Centrale, Iraq e scrivo. Sono anche co-autrice di due podcast di viaggi, storie e culture dell’ex URSS (e un po’ oltre), Cemento e Kult. Ho iniziato a viaggiare in maniera selvatica quando avevo diciott’anni, in tenda e autostop – nel frattempo il mondo è molto cambiato da allora, ma l’attitudine alla vita per me è sempre rimasta la stessa.

Rispetto al tuo precedente libro, Piccolo alfabeto per viaggiatori selvatici, hai notato un approccio diverso alla scrittura con Socotra? Non so, hai notato un cambiamento di stile o un’angolatura diversa da cui osservare e raccontare le cose?

Penso che questo sia un libro molto più maturo, che rispecchia anche le condizioni del mondo, che sono profondamente mutate. È un libro che parla di un posto solo, a cui ho consegnato l’intera me stessa quando l’ho incontrato per la prima volta, e che mi ha cambiata molto. Parla di quanto poco basta per distruggere un ecosistema, di dinamiche di potere per nulla dissimili da quelle di casa nostra, di come inizia un’occupazione, di vite di donne e uomini con culture molto diverse dalla nostra, ma le cui relazioni hanno in fondo tanto in comune. È anche un libro più introspettivo, sul farsi altro da sé per inseguire il desiderio di capire e scoprire, fino arrivare quasi a perdersi. Alla fine, però, sono tornata a casa.

Dal 2015 promuovi attraverso panderoute.it un approccio particolare a certi luoghi e culture. Ci puoi dire in cosa consiste? Qual è il vostro obiettivo?

Dopo i primi anni di esplorazioni, ho sviluppato un approccio al viaggio più riflessivo, critico e consapevole. Ci interroghiamo sull’impatto del viaggiare stesso, in termini ambientali ma anche sociali, cerchiamo di aprire crepe nello sguardo orientalista che ci portiamo dietro inevitabilmente, decostruendolo e ribaltandolo. Indaghiamo l’impatto che hanno le nostre narrazioni dei luoghi e delle persone. È un modo di viaggiare in cerca di domande e non di risposte, orientato a complessificare i preconcetti, smentire cliché e stereotipi, ribaltare le prospettive e dare dignità e attenzione a popoli e culture ingiustamente ignorati in Occidente.

La tua ultima fatica si concentra su Socotra. Cos’è che ti ha affascinata di questo luogo e ti ha spinta a dedicargli un libro?

Socotra sembra un’isola impossibile finché non ci metti piede. Aver avuto l’opportunità di lavorare e viverci per lunghi periodi è stato letteralmente come vivere in un sogno. La maggior parte delle persone a Socotra non ha mai lasciato l’isola, quindi non ha un termine di paragone: non si rende conto della bellezza fuori scala di tutti i suoi diversi ambienti naturali. Dopo l’impatto con la bellezza ultraterrena, però, è subentrato l’amore per la dolcezza, onestà e trasparenza delle persone, per la loro saggezza e per la semplicità con cui affrontano le cose della vita. Che è un percorso a ostacoli anche laggiù, i sorrisi onnipresenti non devono ingannare, ma con decisamente meno paracaduti. Volevo scrivere un libro che raccontasse gli anni di riapertura di un luogo straordinario e delicatissimo ma anche estremamente in pericolo, che sta sfuggendo di mano ai suoi abitanti. I capitali e l’approccio coloniale raggiungono anche i luoghi più remoti del Pianeta.

Tu hai vissuto per qualche tempo in Russia. Qual è il luogo che ti ha affascinata di più e perché?

Sì, ho studiato a Mosca nel 2017, all’università HSE. È stato uno degli anni più intensi e straordinari della mia vita, anche se la sensazione è di aver vissuto in una città e in un Paese che oggi non esistono più, o che, perlomeno, esistono ancora ma sono talmente trasfigurati che penso faticherei a riconoscerli. Non torno in Russia dal 2019 – sento una nostalgia dolceamara, anche perché gran parte delle persone che conoscevo lì sono dovute scappare dopo l’invasione dell’Ucraina e ora vivono all’estero. Ho amato moltissimo l’Artico russo, la Siberia e l’estremo oriente, in particolare l’isola di Sachalin, che si trova a una manciata di chilometri da Hokkaido, in Giappone. Anche se il mio primo grande amore è stato il Caucaso, che ho incontrato nel 2015, con un viaggio che, a ripensarlo ora, ha tinte leggendarie. È un luogo talmente liminale che se si ha voglia di scavare non si può non amare. In quelle montagne tutto o inizia o finisce, c’è la tensione degli estremi. Dal 2015 torno ogni anno in Georgia e Armenia.

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