“Eterna benedizione” di Nunzio Di Sarno


Una nuova poesia scritta da Nunzio di Sarno per augurare a tutti una serena e felice Pasqua
Nunzio Di Sarno
“Eterna benedizione” è la nuova poesia di Nunzio Di Sarno, che su gentile concessione dell’autore, ho il piacere pubblicare proprio oggi, il giorno di Pasqua. Un messaggio originale per auguri originali, veicolati attraverso la poesia, una delle più belle forme d’arte che possiamo apprezzare grazie alla creatività di tanti poeti, tra cui Nunzio Di Sarno.
Alla poesia “Eterna benedizione” segue una breve intervista all’autore, con cui, peraltro, abbiamo scambiato qualche battuta poco tempo fa in occasione della pubblicazione di “MU”, una raccolta di poesie che accompagna il lettore in un viaggio intimo, alla scoperta e alla ricerca di se stessi.
“Eterna benedizione”
Cosa porta chi se ne va
Cosa rimane a chi resta
Nella testa e nel cuore
O nel corpo che pure
Sussulta e pena
Costretti all’altalena
Tra “avrei fatto o detto”
E propositi di riparazione
Che la morte e la paura
Accendono per poco
A una coscienza flebile
Che poco dura
Santo è il pianto
Di chi ancora in vita
È riuscito a dare e a dire
E non lascia arenare
O andare a fondo
Il fuoco vivo e sacro
Di terrena trasmissione
“Eterna benedizione” la poesia di Nunzio Di Sarno
Perché ha intitolato la sua poesia “Eterna benedizione”?

Da un lato il bene dire che c’è dentro la parola benedizione, dall’altro la protezione che questo bene dire o meglio dire il vero può dare. E questa possibilità dovrebbe essere eterna, nel senso di quotidianamente ricercata e agita.
C’è una frase nella quale lei parla di altalena tra le cose che si sarebbero potute dire e fare. Secondo lei è solo la paura e la morte che ci costringono a riflettere?
Non solo, ma con la morte e la paura cadono gli specchi, le pose e tutte le sovrastrutture che ognuno di noi ha costruito e costruisce in vita per motivi più o meno funzionali per sé e per gli altri. Soprattutto di fronte alla morte, a parte gesti e frasi di rito, si muove il sommerso, a volte in modo propulsivo.
Nella parte finale della sua poesia si parla di pianto “santo”, ci vuole spiegare meglio a cosa si riferisce?
Santo per me è colui che glorifica la vita e lo fa da vivo. E glorificare la vita per me è aprirsi alle dinamiche emotive, dentro e fuori, ed essere sinceri e leali nell’intenzione. Consapevoli fino in fondo dell’interdipendenza.
Riguardo al pianto, credo sia più vero di molte parole, almeno nella maggior parte dei casi. Il punto è che spesso l’apertura del pianto viene ricoperta dalle solite macerie.
È molto particolare la foto che accompagna la sua poesia. Ci può dire cosa rappresenta è che legame c’è con “Eterna benedizione”?
L’immagine è quella del Nodo Infinito, uno degli otto simboli di buon auspicio, usato soprattutto nel buddhismo tibetano.
Il nodo come si vede è senza inizio né fine e rappresenta allo stesso tempo le infinite rinascite nel Samsara, la connessione tra metodo e saggezza, e tra vacuità e sorgere interdipendente (nel Tantra). Questa continuità sta a ricordare anche il filo che ci continua a legare a coloro che sono vissuti prima di noi, visto che la coscienza non si estingue, a differenza del corpo.
L’ultimo concetto è oggetto di studio anche delle neuroscienze da qualche anno.
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