Sulle tracce di A.A. Ivanov in giro per Roma

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L’ispirazione l’ho avuta sfogliando le pagine del libro Roma russa di Aleksej Kara-Murza, Teti editore. Poiché mi avevano incuriosito la vita e le opere del pittore russo Aleksandr Andreevič Ivanov, decido di andare a visitare il luogo dove egli visse e lavorò.  Opto per una passeggiata in direzione del lungotevere e scelgo una domenica mattina. E’ presto, fa freddo e c’è foschia. Mi godo il silenzio della città, respiro l’aria umida e rincorro qualche raggio di sole che spunta dal cielo grigio per riscaldarmi un po’. Noto che il lungotevere è affascinante e malinconico allo stesso tempo; la nebbia che lo avvolge gli conferisce un’aria d’altri tempi. Con la fantasia cerco di ricreare l’atmosfera della Roma ottocentesca. Ecco allora che mi sembra di scorgere in lontananza, tra la bruma, una sagoma scura, con cilindro, mantello e bastone; poi mi sembra proprio di sentire il rumore delle ruote di una carrozza e il ticchettio degli zoccoli di un cavallo sui sampietrini che, stanco e rassegnato, si lascia trascinare dal suo padrone che lo precede, tirandolo per le briglie. Sono già  ad un buon punto del mio percorso. Accelero il passo per riscaldarmi un po’ e arrivo a Via della Ripetta. Imbocco una traversa e giungo alla mia meta: Via del Vantaggio, 5. E’ un vicoletto abbastanza sporco e tutto sommato anche un po’ lugubre a quell’ora del mattino. Ho il naso su per aria alla ricerca del civico 5. Lo trovo. Sul muro di un edificio bianco c’è un targa che ricita: il grande pittore russo Alessandro Ivanov in questa casa visse e lavorò dal 1837 al 1858 – L’Accademia di belle arti dell’URSS, l’Accademia nazionale di San Luca, il comune di Roma posero, 1970.

Passo in rassegna tutto quello che ho letto su Roma russa di Aleksej Kara-Murza a proposito della vita di Ivanov a Roma e, guardando la targa, cerco di fissare nella mente gli episodi che mi hanno colpito di più.

Ricordo che Aleksandr A. Ivanov (San Pietroburgo 28 luglio 1806 – Pietroburgo 15 luglio 1858) soggiornò a Roma (per ben 28 anni!) grazie ad una borsa con stipendio concessa dalla Società del Sostegno ai pittori. Stabilì il suo studio proprio qui, a Via Vantaggio 5, nel 1837. A Roma si ambientò subito, fin dal suo primo arrivo nel 1830, anche se una parte del suo cuore la lasciò in Russia. Durante il suo soggiorno romano veniva spesso colto da veri e propri attacchi di nostalgia che riusciva a soffocare solo perdendosi nella natura rigogliosa, tra i pergolati di viti, i frutteti e le bellezze della città. In una lettera ai suoi familiari scrisse: quando mi distolgo dal pensiero doloroso della casa natia, qualche volta mi sento talmente in preda all’esaltazione da non riuscire a far nulla: come non capire allora lo stato di inattività degli italiani che si è soliti definire indolenza? Sorrido al ricordo di questa considerazione che trovo magnifica, perché carica di dolce e affettuosa ironia.

Ivanov dedicò gran parte della sua vita (25 anni) alla realizzazione di unico tema, l’apparizione di Cristo, che divenne il fulcro non solo del suo lavoro, ma anche della sua vita. Il tema del dipinto infatti condizionò la sua concezione dell’arte, la fede, la missione dell’artista nel mondo e l’essenza della vita stessa. Per realizzare questa impresa, Ivanov si convinse che solo Roma era la città idonea per il suo capolavoro. E fu nella citta eterna infatti che il pittore russo realizzò una quantità incredibile di bozzetti preparatori per il sua opera.  Nella realizzazione di quello che nelle intenzioni del pittore doveva essere il suo capolavoro, Ivanov era guidato da un sogno universale e globale di cui egli stesso era il protagonista: esprimere in un unico dipinto il senso dell’intero Vangelo, perché in questo risiede il senso stesso della vita. Egli si sentiva investito da Dio a compiere questa rivelazione al mondo intero attraverso la sua pittura.


Ave Maria (1839) – foto tratta dal sito Madre Russia (http://www.madrerussia.com/aleksandr-andreevic-ivanov/)

L’unico momento in cui Ivanov aprì una parentesi nel suo percorso creativo, fu la realizzazione di un piccolo ciclo di acquerelli suggeriti dal suo amico Gogol’. Questi riuscì a convincere Ivanov a spostare per un po’ le sue ricerche su un soggetto diverso. Ecco allora che il pittore russo si dedicò con trasporto alla realizzazione di un piccolo ciclo di acquerelli, freschi e allegri, che raffiguravano scene di vita a Roma: un esempio è Ave Maria (1839) che rappresenta un gruppo di popolani intenti nella preghiera serale alla Madonna; il Fidanzato che sceglie gli orecchini per la fidanzata (1838) e Scena sulla loggia, Presso monte Testaccio e Presso ponte Molle che raffigurano episodi delle feste d’ottobre in città.  

A differenza di molti suoi contemporanei, Ivanov non amava particolarmente la vita mondana. La sua quotidianità era scandita da pochi momenti di svago, il resto della giornata era dedicata al duro lavoro. Ben presto, oltre alle preoccupazioni puramente creative, Ivanov dovette affrontare anche quelle economiche che cominciarono a diventare un vero e proprio macigno. Il pittore non badava a spese per il suo lavoro: faceva largo uso di modelli che pagava 5 rubli al giorno e aveva scelto per il suo studio una delle zone più care della città, pagando per il suo studio a Via del Vantaggio ben 1200 rubli! Di conseguenza, si limitava molto nel cibo e nelle spese personali. Ivanov non doveva avere un carattere facile. I conoscenti lo dipingevano come una persona burbera e sempre accigliata. Nonostante il frequente bisogno di danaro, Ivanov disdegnava i lavori su commissione, non li amava, e solo qualche generosa elargizione ricevuta di tanto in tanto gli consentiva una momentanea boccata d’ossigeno. Alla fine degli anni cinquanta, il pittore russo cominciò a dare, secondo il suo amico Turgenev, segni di vero e proprio squilibrio. Non usciva più dal suo studio (che chiuse al pubblico per un lungo periodo), non incontrava più gente, mangiava sempre meno ed era convinto che qualcuno cercasse di avvelenarlo. Contrasse il colera e morì a San Pietroburgo nel 1858 dove tornò dopo 25 di assenza per mostrare al suo paese il grande capolavoro: l’Apparizione di  Cristo al popolo (1855).

Fonti:

 – Roma russa di Aleksej Kara-Murza, Teti editore;

 – catalogo della mostra pellegrinaggio della pittura russa da Dionisij a Malevic

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