La donna in bianco di Wilkie Collins e il “panico da follia”


Nell’Inghilterra vittoriana, alcuni casi di ingiustizia sociale che colpirono le donne, furono utilizzati da Wilkie Collins come spunto per il suo romanzo. Il libro diventò un best seller, e vi racconto perché.
Wilkie Collins
La donna in bianco di Wilkie Collins è un giallo dall’ intreccio magistrale. Era da tanto che non leggevo un libro di ben 507 pagine tutto di un fiato, senza mai stancarmi e con il desiderio di passare un’altra nottata incollata alle pagine. E’ un giallo senza tempo, scritto in uno stile elegante (come si conveniva all’epoca) ma al contempo vivace e accattivante. L’intreccio è qualcosa di sublime, anche se, il punto forte di tutto il romanzo è la descrizione psicologica dei singoli personaggi. La capacità di Collins infatti, è stata quella di farci entrare nella storia attraverso la mente e l’animo dei protagonisti. Noi siamo lì, nelle loro teste, pensiamo come loro, ansimiamo quando lo fanno loro. Noi siamo loro.
La donna in bianco di Wilkie Collins è stato scritto nel 1860. L’autore sfruttò un evento di cronaca per creare una storia bellissima, molto attuale per i tempi e che fece presa innanzitutto sulle donne. Il romanzo catturò l’attenzione del pubblico femminile, perché l’argomento riguardava innanzitutto loro e poi, perché Collins, nonostante fosse un uomo, riuscì con enorme semplicità a cogliere tutte le sfumature dell’animo femminile con grande realismo. Questo è stato certamente un elemento vincente.

Il contesto storico: “lunacy panic”
Non vi racconto assolutamente nulla del libro. La mia sarà una recensione sui generis, perché voglio soffermarmi solo sul fattore storico-sociale che, a mio avviso, può essere un enorme spunto per gli scrittori emergenti.
Come dicevo, Collins sfruttò un evento di cronaca, noto con il nome di “lunacy panic” ovvero il panico da follia. Molte donne infatti, alla fine degli agli ’50 del 1800, iniziarono a temere per la propria incolumità. A seguito di alcuni errori giudiziari, donne perfettamente in grado di intendere e di volere, furono rinchiuse in manicomio.
Per spiegare gli eventi di cronaca di quel periodo, dobbiamo necessariamente fare delle premesse, che ci chiariscono meglio anche l’espediente utilizzato da Collins per mettere in piedi il suo meraviglioso romanzo.
Nessun diritto per le donne sposate
Per la giustizia inglese dell’epoca, le donne single avevano il pieno controllo dei propri beni e delle proprie ricchezze. Avevano potere di firma e potere contrattuale. Questi diritti decadevano nel momento in cui si sposavano. Divenuta moglie, infatti, la donna si trasformava a tutti gli effetti in una proprietà del marito. Di conseguenza, non aveva più il controllo dei beni, del patrimonio e delle rendite. Come se non bastasse, non potevano separarsi, e se ci provavano, venivano rispedite a casa con la forza. Ciliegina sulla torta, in caso di separazione (che poteva chiedere solo il marito) i figli si affidavano automaticamente a lui.

La genialità di Collins fu quella di sfruttare alcune di queste ingiustizie per riportare, attraverso la narrativa, l’attenzione del pubblico su un vero e proprio disagio sociale, toccando quindi le corde del pubblico potenzialmente interessato: le donne. Sir Percival, ad esempio, il marito di Laura Fairlie, architetta un vero e proprio complotto ai suoi danni e a quelli della sorella (Anne Catherick) per impossessarsi delle sue ricchezze ed evitare che queste scoprano un suo vecchio e pericoloso segreto.
Eloquente è la frase Anne Catherick:
Nessun uomo al mondo merita un tale sacrificio da una donna! Gli uomini! Sono loro i nemici della nostra innocenza, della nostra serenità – ci rubano all’amore dei nostri genitori, all’amicizia delle nostre sorelle – ci rubano l’anima e il corpo, e incatenano le nostre vite alle loro, come incatenano un cane alla cuccia.
Anne Catherick dice questo in un momento di rabbia, ma non fa di tutta l’erba un fascio. A Walter Hartright, l’uomo che ama la sorella Laura, consacrerà la sua amicizia, gli mostrerà rispetto e devozione, e farà di tutto perché la sorella riesca a ricongiungersi con lui definitivamente. Per lei gli uomini, non sono tutti uguali. Walter non è come gli altri. All’epoca però, tanti vedevano nel matrimonio solo un’opportunità economica proprio come Sir Percival e il maligno Conte Fosco.

La donna in bianco di Wilkie Collins
In realtà, a quelli che ho definito inizialmente “errori giudiziari” si aggiungevano dei veri e propri complotti organizzati dai familiari a danni di un suo membro. Spessissimo, capitava che le famiglie affidassero definitivamente ai manicomi un membro della famiglia, anche se psicologicamente debole o depresso. Il motivo era quello di toglierselo dai piedi, ma innanzitutto, di entrare in possesso dei suoi beni. E’ chiaro quindi, che gli individui della società maggiormente a rischio erano proprio le donne. Queste ultime infatti, ricevevano dalla famiglia importanti eredità, che permetteva loro di essere appetibili in società e contrarre facilmente matrimonio. Ecco perché a metà del 1800 si diffuse il panico da follia (lunacy panic). Le donne erano terrorizzate, anche perché come abbiamo detto, una volta sposate, le leggi non le tutelavano.
Potrei stare qui a parlarvi del romanzo ancora per molto, ma mi fermo, raccontandovi solo per sommi capi la trama. Riprenderemo certamente alcuni aspetti de La donna in bianco di Wilkie Collins in altri momenti, quando parleremo ad esempio dell’attenzione da riservare ai punti di vista all’interno di un romanzo o alle sfumature psicologiche dei personaggi.
Vi dico soltanto che la storia ruota attorno alla vita della giovane e ingenua Laura Fairlie che una volta andata in moglie, per volere dello zio, al baronetto Sir Percival Glyde, diventa oggetto di un complotto ordito dal marito e dal diabolico amico italiano il Conte Fosco. Grazie all’amore incondizionato di sua sorella Anne Catherick ( la vera protagonista del romanzo) e di Walter Hartright (l’uomo che la ama), Laura riuscirà a scappare dal manicomio e a dimostrare la sua vera identità.
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