Il sapore del mare


di Andrea Bogoni
“Darei la vita per rivedere un’ultima volta il mare.”
<<Venite, Signori, venitee… Ultimo pezzo!>> Le grasse urla del mercante di schiavi interrompevano il flusso dei suoi pensieri.
“Anche solo sentire il suo aroma di libertà salmastra.” In cima al soppalco, le mani legate e gli occhi chiusi, la tormenta di odori del mercato di Ultima Oasi si abbatteva sul giovane schiavo in vendita: Miele e sudore, sangue e cannella, sterco e incenso.
<<La base è due libbre di sale, chi offre tre? Tree…>> Scandiva il Mercante.
“Vale così poco, dunque, la mia vita?” Pensò il Giovane. Solo più tardi ricordò che il valore dell’Oro Bianco era aumentato a dismisura, per via dell’enorme richiesta dal Regno dei Sempiterni, di nuovo impegnati negli oscuri rituali per prolungare la propria vita.
<<Quattro libbre!>> Gridò una voce graffiata.
A quel punto il Giovane spalancò gli occhi, per vedere chi lo aveva comprato. Il nuovo padrone del suo Destino era un uomo di mezza età, la pelle imbrunita dal Sole, iridi color grano e un accenno brizzolato di calvizie. Dal metallo e dal cuoio spaiato che portava addosso, s’intuiva fosse di qualche compagnia mercenaria.
Il sale, grezzo e dal grigiore ferroso, passava fluidamente dalle sacche del Mercenario alla bilancia del Mercante, come in una clessidra dell’avidità. Mentre osservava attonito, il Giovane si domandò se fosse quello l’aspetto di un’anima quando s’infrange e muore.
La marcia nel deserto era un inferno di sete e sabbia.
Le ferite ai piedi di alternavano in un ciclo di stanche vesciche e lampi di dolore cristallino.
Il Mercenario, che si rivelò essere il comandante della sua compagnia, si attardò fino a raggiungere il Giovane Schiavo in fondo al disordinato corteo di soldati. Iniziò a scrutarlo con quei suoi occhi aurei, dall’alto del suo destriero, e chiese schietto: <<Tu sei di Porto Porpora, non è così?>>
A quella domanda, che suonava più come un’affermazione, il cuore dello Schiavo sobbalzò.
<<Quei tatuaggi sulle braccia…>> Incalzò il Mercenario. <<E poi ti ho sentito parlare con gli altri schiavi, l’accento non mente.>>
Al che, tirò fuori da sotto la sella una scarpa. Era poco più di logoro sacco di cuoio, ma molto di più di quello che al momento aveva.
<<Questa è una.>> E gliela lanciò addosso. <<Se deciderai di aiutarmi, avrai l’altra, altrimenti non avrai più niente da me. Niente.>>
<<Aiutarti..?>> Domandò in un asciutto sussurro lo Schiavo.
Le sottili labbra del Mercenario si piegarono in una smorfia di compiacimento. <<Porto Porpora ha rotto il Patto Mercantile, di fatto dichiarandosi indipendente dai Sempiterni. Inutile dire che loro l’hanno preso come un atto di guerra.>>
L’angoscia attanagliò l’esile corpo dello Schiavo, facendolo rabbrividire di un freddo innaturale. Erano passati mesi da quando, durante una battuta di pesca al largo, era stato catturato dai pirati, ma mai avrebbe immaginato quello che stava succedendo nel frattempo alla sua florida e pacifica città.
Osservò a lungo la scarpa stretta nel suo pugno.
<<La nostra Compagnia non se la passa bene.>> Riprese spazientito il Mercenario. <<Questa è l’occasione per ingraziarci i Sempiterni, se li aiuteremo in tempo per l’assedio del Porto. Devi solo raccontare al nostro stratega i punti deboli nel cartiglio della città. Aspetto la tua risposta domani mattina.>>
Lo Schiavo strinse ancora più forte la scarpa. Una tempesta di lacrime si stava scatenando appena dietro lo specchio dei suoi occhi, ma non permise a sé stesso di piangere.
Non arrivò all’indomani mattina, accettò di aiutarlo la sera stessa. Guadagnandosi la seconda scarpa, una borraccia d’acqua, ed il soprannome di Traditore.
Arrivarono all’alba, in cima al promontorio che dominava il Golfo di Porto Porpora.
“Ancora pochi passi, aldilà di quello sperone di roccia, potrò finalmente rivedere il mio mare.” Continuava a ripetersi il Traditore. “Lo splendido abbraccio del golfo, la brulicante vita del Porto, la libertà di potersi perdere nel blu fra il cielo e le onde.”
In quel silenzio irreale, il Mercenario andò di pochi metri in avanscoperta, affacciandosi sul panorama sottostante. Dopo alcuni istanti, s’inginocchiò a carponi e batte ripetutamente il pugno a terra, bestemmiando nella sua gutturale lingua madre. Poi voltò indietro il suo sguardo gelido.
<<È il tuo giorno fortunato, Traditore. Non hai più niente da poter tradire.>>
Come in un sogno, la truppa si divise davanti a lui per lasciarlo passare. La stanchezza del viaggio dissolta nello sgomento.
La vista si aprì davanti a lui in tutta la sua crudeltà.
Dove una volta si ergeva il faro, dove si districavano le strette vie del commercio, dove le merci scorrevano fra gli empori e l’andirivieni di navi… Ora c’erano solo macerie e rovine fumanti. La prima luce del giorno si mescolava al pulviscolo, coprendo di ocra l’orizzonte.
Nemmeno un’eco di vita. L’unica forma di movimento erano i miasmi dell’incendio, soffocato da uno sconfinato sudario di Oro Bianco. Sterile sigillo dell’oblio di quello che un tempo era Porto Porpora, e che non sarà mai più.
Lacrime solcarono il viso del Giovane, fiumi di sale in piena.
E sulle sue labbra affiorò un’ultima volta il sapore del mare.
5 Comments
Un racconto stupendo ❤️
Giugno 5, 2020 - 3:32 pmSe le piace, perchè non lo vota? basta semplicemente scrivere “mi piace” nel form 😉
Giugno 5, 2020 - 4:19 pmgrazie
un saluto
Un racconto davvero stupendo <3 Alla fine si riesce ad immedesimarsi completamente nei sentimenti del protagonista. Complimenti!
Giugno 5, 2020 - 6:51 pmGrazie di cuore, Chiara 😊
Giugno 5, 2020 - 6:59 pmIl fatto è che ora vuoi sapere come continua e poi, forse, se e come finisce.
Giugno 6, 2020 - 9:23 pm