Un naif italiano? Le opere de “Il Tarpato”, un artista incompreso


Solo il 2 e il 6 gennaio sarà possibile visitare a Grottammare le opere de “Il Tarpato” artista marchigiano incompreso, acclamato e poi dimenticato
Chi era “il Tarpato”
Un naif italiano, così è stato definito dalla critica Giacomo Pomili (Grottammare 1925-1997), in arte il “Tarpato”. Le sue opere abbelliscono l’interno del Vecchio Incasato, il Palazzo dell’antico Municipio nel Paese Alto di Grottammare, recuperato dopo oltre quindici anni di lavori.
La spontaneità delle sue opere è disarmante. Le sue rappresentazioni rientrano in quella che è definita Art Brut, termine coniato dal francese Jean Dubuffet nel 1945 e che identifica i guizzi artistici spontanei, quelli che scaturiscono dall’anima, spesso tormentata da profondi disagi psicologici, opere prive di qualsiasi rimando a tecniche e conoscenze accademiche.

Giacomo Pomili, detto “Il Tarpato” è un uomo semplice. Nella sua vita ha fatto tanti lavori faticosi per necessità familiari (il padre era rimasto invalido), il contadino, il facchino, il manovale fino al guardalinee ferroviario. La stanchezza fisica gli pervade anche l’anima, provata da una lunga degenza in sanatorio a causa della tubercolosi che lo colpisce 1961. Ma non tutti i mali vengono per nuocere, perché è proprio in sanatorio che Giacomo scopre la pittura.
Incoraggiato dal primario dell’ospedale, Giacomo inizia a sperimentare la pittura, prima sulle lenzuola, poi sulle persiane di casa e sulle tavole di legno. Un ulteriore sprone gli arriva dall’amico e pittore Mario Lupo che, dopo avergli insegnato l’uso dei colori, inizia ad apprezzarne le qualità artistiche e la spontaneità delle sue opere. Il mondo pittorico di Giacomo è fatto di animali, paesaggi, pastori, ricordi, natura, temi religiosi e paure (perché no, e chi non le ha!), tutte espressioni della sua anima inquieta.
Giacomo inizia a produrre numerosi quadri e si firma con lo pseudonimo di “il Tarpato”, quasi a voler ribadire qualcosa di cui è privo, che gli manca. Giacomo si sente come l’albatros di Baudelaire che non può volare per l’incomprensione degli uomini. Il Tarpato veniva preso in giro dai suoi compaesani perché andava in giro su un motorino sgangherato, portava un cappello perennemente di sbieco, era un po’ trasandato e molto chiuso. Di fatto, però, era un incompreso, i suoi concittadini non capivano la sua arte e probabilmente l’auto emarginazione era diventata per lui quasi una necessità.

l successo arriva negli anni Settanta quando l’amico Mario Lupo gli organizza una personale. Da quel momento la sua carriera è tutta in salita. Arriva all’attenzione della critica europea con il quadro “I quattro tarpati (1962)” per essere poi regolarmente invitato tra il 1971 e il 1975 alle grandi mostre sui naif italiani, grazie anche all’interessamento del fratello, Gabriele, che lavorava per la Marina Militare. Gabriele segue regolarmente la Carriera del fratello e grazie alle sue amicizie, riesce ad inserirlo nel circuito artistico delle grandi mostre di Milano e Bologna.
La carriera de Il Tarpato ha una battuta di arresto quando il fratello Gabriele perde la moglie. Per necessità il fratello deve occuparsi delle figlie e non può più seguire suo fratello, che inizia progressivamente a chiudersi in se stesso, rifiutando i premi vinti e non presenziando più a mostre ed eventi di settore.
Il Tarpato è un artista incompreso. Chi lo conosceva lo definiva scontroso, ma in realtà era solamente restio alla socializzazione, solo un po’ chiuso, tutto qui. Giacomo ama visceralmente la sua arte e non concepisce neanche lontanamente l’idea della l’arte legata al mercato. Anzi, la rifiuta. Quando i turisti visitano il suo “laboratorio” e voglio acquistare un quadro, Giacomo gli dice di passare il giorno dopo nella speranza di non vederli più per non separarsi dai suoi dipinti. Erano diventati un pezzo del suo cuore, della sua anima, qualcosa di troppo intimo per potersene distaccare.

“Il Tarpato”, un artista incompreso
Quando inizia a chiudersi al mondo, gli animali, che sono sempre stati la sua passione, diventano il suo universo, innanzitutto Lupo, un cane abbandonato dai pastori che Giacomo prende con sè. Alcuni sostengono che Lupo fosse il suo alter ego, un cane abbandonato e maltrattato dai bambini del posto, proprio come facevano i suoi paesani, che non includevano chi, come Giacomo, viveva fuori dagli schemi.
Nelle sue opere Giacomo parla dell’uomo attraverso gli animali, vittime di una crudeltà gratuita e insensata che minaccia anche le cose più belle senza riconoscerle (La morte del papero di San Martino, 1987).
Lupo è protagonista di molti quadri di Giacomo tra cui La storia di Lupo del 1970. Questa tela è impreziosita da un pensiero di Giacomo che sul retro scrive:
“La storia del mio Lupo. Così ti ho trovato, così ti ho salvato mentre ti stavano torturando. Ti uccidevano, ti ho difeso ti ho abbracciato e a casa mia ti ho portato.
Ora sei nel mio cuore per sempre”.
Sulla destra della tela Giacomo aggiunge:
“ A te uomo che distruggi con tanta faciltà la natura e queste povere bestiole, non ci riuscirai ma a distruggerai te stesso”.

Nei suoi dipinti c’è spazio anche per le città, non solo Grottammare, la sua città, ma anche Roma ad esempio, che Giacomo visita quando va a trovare il fratello. Impreziosiscono i suoi dipinti colori da favola, combinazioni di tinte che rendono il lavoro una gioia per gli occhi e per l’anima. Rappresentazioni semplici, come le antiche pitture rupestri, ma in grado di ipnotizzare e non lasciare che lo sguardo vaghi altrove se non lì, sul quadro dove è racchiusa la sua anima tormentata. Perchè, ricordiamolo, il Tarpato è un artista incompreso e lo dimostra la scarsa attenzione della critica attuale per questo pittore straordinario, fuori dagli schemi.
Anche se il Tarpato è stato definito un pittore naif, molti ritengono che questa sia una definizione impropria. Le opere di Giacomo infatti non sfociano nell’elemento folkloristico, ma sono disagi e gioie dell’anima. I suoi dipinti appartengono ad un universo onirico, più legato alla sfera psicologica, ai suoi timori, alle sue visioni del mondo, ai suoi affetti, al suo piccolo quotidiano. La pittura di Giacomo è intima e personale, lontana da schemi e stili tradizionalmente consacrati.
Il comune di Grottammare ha dedicato a “Il Tarpato” una mostra permanente a ridosso di un panorama mozzafiato nel Paese Alto di Grottammare. Il museo quest’inverno è aperto solo nei giorni 2 e 6 gennaio 2022 dalle 16.30 alle 19 per riaprire poi a ridosso delle vacanze estive.
Foto di copertina: Il Tarpato, La chiesa del mio paese, 1974
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