Santa Maria Addolorata, la chiesa Argentina nel cuore di Roma
Ricchi mosaici blu finemente decorati raccontano antiche leggende e miracoli: la chiesa di Santa Maria Addolorata è una tappa da non perdere, molto curiosa e vi racconto perché.
Non è tutto oro quello che luccica
La chiesa di Santa Maria Addolorata si trova in una delle zone più affascinanti di Roma. Ci troviamo tra via Po e viale Regina Margherita, tra il quartiere Salario e il quartiere Trieste. La chiesa sorge maestosa a Piazza Buenos Aires ma non lasciatevi ingannare dal nome, perché, anche se è dedicata alla capitale dell’Argentina, in realtà i romani la chiamavano in tutt’altro modo: Piazza Quadrata. La piazza, infatti, ha proprio la forma di un quadrato; quando uscite dalla chiesa, fateci caso, noterete quattro strade che la racchiudono dandole proprio la forma di un quadrato!
Ritornando alla nostra chiesa, sono certa che rimarrete a bocca aperta guardando verso l’alto, specialmente se vi capita una giornata di sole. I suoi mosaici colorati sulla facciata sbrilluccicano così tanto al sole che per qualche istante vi sembra di stare nel mondo incantato del Mille e una notte.
Se osservate la chiesa dall’esterno, abbracciandola interamente con lo sguardo, noterete diverse curiosità/ starnezze.
Partiamo dalla data di costruzione della chiesa: 1919, su progetto di Giuseppe Astorri. Strano, dal momento che avrete certamente notato che l’aspetto esterno è quello di tante chiese medievali con relativo campanile. Lo stile, infatti, è quello tipico di tante basiliche paleocristiane che, l’ingegnere Giuseppe Astorri, riprese con curioso eclettismo, rielaborando sia l’esterno sia l’interno dell’edificio. Anche se non si tratta di una vera chiesa paleocristiana, gli interventi effettuati sono comunque molto interessanti. Entriamo.
La chiesa di Santa Maria Addolorata
Il brillante mosaico della facciata (così come quello dell’abside) è realizzato da Giovanni Conti ed è certamente bizantineggiante mentre la sua iconografia richiama quella paleocristiana, con la figura dell’Agnello simbolo di Cristo e le 12 pecore che ci rimandano ai dodici apostoli.
L’interno della chiesa è molto interessante. Troverete 3 navate separate da 8 file di colonne ioniche che delimitano un bel matroneo che, ricordiamo, è una sorta di lungo loggiato posto oltre le colonne e dal quale le donne assistevano alle funzioni (da qui il nome). La scelta di Giuseppe Astorri di replicare anche il matroneo era ovviamente voluta per la chiesa sempre più simile alle antiche basiliche paleocristiane.
Alzate lo sguardo e scoprirete il soffitto ligneo (con volta a capriata) che sormonta le pareti tutte realizzate in marmi policromi. Vi consiglio di dare uno sguardo all’altare in onice dorato, perché caratterizzato da un alto ciborio molto particolare (una sorta di tempietto in cui è conservata l’ostia e che, sono certa, avrete già visto in decine di chiese). Terminata la vostra visita, prima di uscire, soffermatevi sull’unica cappella alla vostra destra, perché ospita l’immagine di Nostra Signora di Luján, patrona dell’Argentina a cui sono legate leggende e miracoli.
Il miracolo della Nostra Signora di Luján
Tutto inizia nel XVII sec. quando l’icona della Vergine arriva in Argentina (1630). Un proprietario terriero, Antonio Farías, di una cittadina nel nord dell’Argentina, decise di farsi arrivare dal Brasile due immagini della Immacolata Concezione. Il suo intento era quello di metterle in una cappella che voleva costruire all’interno della sua azienda agricola. Il primo evento miracoloso avvenne proprio durante il viaggio. Diversi testimoni raccontarono che improvvisamente i buoi che trasportavano le due immagini (poste in casse di legno separate) si fermarono inspiegabilmente. La sosta ebbe luogo ai margini del fiume Luján, una zona chiamata dell’”albero solo”. Gli animali, anche liberati del fardello degli altri oggetti che trasportavano e con l’aiuto di altri animali da soma, non riuscivano comunque a muoversi, sembravano paralizzati. I testimoni raccontarono che solo quando scaricarono a terra la cassa con una delle immagini della Vergine, i buoi iniziarono a muoversi. Fu considerato un vero e proprio miracolo e quindi si decise di lasciare lì l’immagine a protezione del luogo e dei suoi abitanti e la donarono a una famiglia della zona, Don Rosendo de Oramas, che lì vi costruì una cappella.
A custodirla e proteggerla fu Manuel, un servo devoto della Madonna, il cui incarico gli fu affidato proprio dal ricco proprietario terriero Antonio Farías che aveva commissionato l’acquisto delle due immagini sacre.
Quando si sparse la voce del bizzarro comportamento dei buoi, la cappella iniziò a diventare luogo di pellegrinaggio. Alla morte di Don Rosendo i suoi possedimenti, però, furono abbandonati e la zona smise di essere luogo di visita da parte dei fedeli. Preoccupata per la situazione, una donna del posto si rivolse all’amministrazione locale chiedendo che temporaneamente l’immagine fosse conservata nel suo oratorio. Le accordarono la richiesta ma le dissero anche che Manuel non si sarebbe più occupato della sua custodia.
Ed è proprio durante questi eventi che si susseguono una serie di accadimenti inspiegabili che poi portarono la Chiesa cattolica al riconoscimento dei miracoli.
La mattina dopo lo spostamento dell’icona nel suo oratorio, la donna si recò per pregare e non trovò l’immagine sacra. Il pensiero andò immediatamente a Manuel, accusato di averla rubata (e non a torto), perché la ritrovarono proprio nella vecchia cappella insieme allo schiavo. Ma il povero Manuel non aveva alcuna colpa perché nei giorni successivi le sparizioni e i ritrovamenti in cappella proseguirono. La donna quindi decise di incatenarlo al pavimento, ma le sparizioni proseguirono. Fu evidente a tutti che si trattava di veri e propri miracoli.
Con il consenso del vescovo di Buenos Aires si organizzò una processione in onore della Vergine e si stabilì che fino alla morte il servo Manuel sarebbe stato il suo custode. Le sparizioni da quel giorno terminarono definitamente.
L’incoronazione ufficiale dell’icona, però, ci fu solo nel 1887, cioè oltre 250 anni dopo il suo arrivo in Argentina.
La chiesa che vediamo oggi a Roma inizia la sua storia nel 1910 quando José Leòn Gallardo acquistò il terreno su cui si trova oggi e vi pose la prima pietra del nuovo tempio dedicato alla Beata Vergine dell’Addolorata. Dopo 3 anni fu inaugurato l’Oratorio e celebrata la prima messa. Nel 1915 Benedetto XV acconsentì a far diventare il tempio Chiesa Nazionale su richiesta dell’Episcopato Argentino. Cominciano a quel punto i lavori del tempio che, purtroppo, però subiscono una battuta d’arresto a causa della morte improvvisa di Gallardo (i cui resti furono trasferiti in questa chiesa nel 1964). Il 1930 fu l’anno della svolta, perché non solo i lavori ripresero, ma terminarono anche portando alla definitiva consacrazione del tempio.
Una notizia di servizio :-): proprio a ridosso della chiesa, ogni sabato e domenica si svolge un mercatino che espone cose,a mio avviso, molto interessanti tra cui libri rari e vero cachemire di ottima qualità!
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