San Giovanni in Oleo: il tempietto di Borromini alla mercè dei vandali

I writers sono artisti?
San Giovanni in Oleo è un piccolo tempietto del Borromini, una cappellina rinascimentale davanti alla quale, sono certa, sarete passati mille volte. Non la degnate neanche di uno sguardo, perché piccola e insignificante se paragonata alla magnificenza delle chiese che puntellano Roma “ogni due per tre”.
Vi consiglio di farci un salto per apprezzarne la struttura e per continuare la vostra passeggiata nell’adiacente Parco degli Scipioni, al termine della quale, spero, abbiate prenotato una visita guidata al Sepolcro degli Scipioni.

Detto ciò, come ho affermato in più di una occasione, per quanto mi riguarda, chi imbratta un’opera d’arte non si può definire un artista. Oggi i “writers” sono definiti artisti perché in loro si è riconosciuto un talento da tutelare e sviluppare. Per me, fino a quando deturpi un’opera d’arte, perfetto sconosciuto, tutto puoi essere, fuorché un’artista.
Fatta questa doverosa precisazione, se ci girate intorno (eludendo con particolare attenzione gli alloggi di fortuna di drogati o senza tetto [FIG.1]) noterete che la cappellina ha una pianta ottagonale e che la “porta d’ingresso” guarda Porta Latina.
Perché si chiama San Giovanni in Oleo?

Il nome della cappellina fa riferimento a una leggenda, secondo cui, proprio in questo luogo, S.Giovannisubì la cieca violenza dell’imperatore Domiziano (51 d.C – 96 d.C) verso i cristiani. La leggenda narra che l’imperatore scelse di bruciarlo in un calderone con olio bollente e che Giovanni, invece, ne uscì miracolosamente illeso. Sospettato di magia, fu esiliato a Patmo (un’isoletta greca del Mar Egeo).
Proprio per onorare il luogo del martirio, in epoca paleocristiana fu edificata la Basilica di S.Giovanni e nelle vicinanze il tempietto di S. Giovanni in Oleo, da cui il nome (nell’olio) a memoria del martirio.
Il piccolo edificio rimase fino all’epoca di Borromini (1599-1667) ma versava in pessime condizioni. Si decise allora di ristrutturarlo affidando i lavori al rinomato architetto ticinese.
Il Restauro del Borromini
La commessa per il rifacimento di San Giovanni in Oleo arrivò dal cardinale Francesco Paolucci nel 1658. Quest’ultimo decise di far restaurare la Chiesa di San Giovanni a Porta Latina di cui era titolare e di conseguenza anche la vicina cappellina di San Giovanni in Oleo.

Siamo sotto papa Alessandro VII Chigi e l’iscrizione sul marmo sopra la porticina lo ricorda, così come lo stemma, 6 colli sormontati da una stella a 8 punte [FIG.2].
Borromini si adoperò per creare al tempietto una nuova copertura, caratterizzata da un cono alla cui base pose un fregio di rose e palme. Alla sommità del cono realizzò un fascio di foglie che accoglie e spinge verso l’alto una palla di rose, allusione allo stemma dei Paolucci [FIG.3].
L’interno della cappellina rinascimentale non è visibile al pubblico, ma è adornato da stucchi che ricordano il martirio di San Giovanni e che molto probabilmente sono anch’essi da attribuire a Borromini per la complessità del decoro. L’interno presenta anche un ciclo di affreschi (Le storie di Giovanni Evangelista) attribuito a Lazzaro Baldi (allievo di Pietro da Cortona).
Se vi ho incuriositi, fateci un salto e approfittatene anche per vedere la bella chiesa di San Giovanni poco distante.
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Mi chiamo Francesca Amore, classe 1971, nata a Napoli e residente a Roma da quasi vent’anni. Roma ormai mi ha completamente adottata, e ricambio questo affetto scoprendola in lungo e in largo, raccontando le sue storie dimenticate e le sue bellezze che lasciano senza fiato.









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