Lo schema nella scrittura creativa: scalette o fiumi di parole? 

Lo schema nella scrittura creativa

I processi creativi che sono alla base della scrittura non vogliono costrizioni. Sarà vero? Adottare uno schema nella scrittura creativa è quindi sbagliato?

Il punto di vista di scrittori e insegnanti

Lo schema nella scrittura creativa è stato sempre un argomento molto dibattuto. Le considerazioni sul tema sono le più disparate, ma diciamo che la maggior parte delle argomentazioni distingue in linea generale due orientamenti, chi è a favore degli schemi, delle scalette per intenderci, e chi le aborra.

Vediamo insieme entrambi i punti di vista affinché tutti possiate trovare la strada che fa per voi, perché una cosa è certa, non c’è una regola, è una questione del tutto personale, però alcune considerazioni che faremo oggi potrebbero orientarvi in un senso piuttosto che in un altro.

Scomoderemo scrittori famosi, un insegnante di scrittura creativa e poi Andrea Tomasi, un giornalista professionista che si è impegnato in tantissime inchieste legate all’ambiente e alla salute. Andrea Tomasi ci parlerà della sua esperienza e di come ha gestito il suo processo creativo nel romanzo “Le insospettabili che rapirono Salvini” edito da Terra Nuova Edizioni. Da che parte sta Andrea? Tra quelli che suggeriscono schemi e scalette oppure con i fautori della libertà della parola, tanto poi ci pensano gli editor a fare il resto del lavoro? Oppure ha un modo tutto suo? Lo scopriremo nel corso della puntata.

Lo schema nella scrittura creativa: il fronte dei “no”

Vi riporto le considerazioni che fa Roberto Cotroneo, un editore, scrittore, fotografo  e insegnate di scrittura creativa che ha scritto il libro Manuale di scrittura creativa per principianti, nel quale afferma che:

[…] I processi creativi che regolano la scrittura non vogliono progetti. L’idea che gli scrittori, prima di cominciare una storia abbiano davanti a loro uno schema preciso di quello che faranno è tra le più sbagliate che ci siano. Si naviga a vista, lasciando che la storia prenda forma da sé. Un po’ come si fa quando si inizia una terapia psicoanalitica: sembra che non ci sia un metodo, ma solo pensieri in libertà, poi, lentamente si capisce che dentro quei pensieri in libertà un metodo c’è. Solo che bisogna lasciarlo libero, e non darsi delle costrizioni […]

Oltre, l’autore continua:

[…] Sono troppi i luoghi comuni che circolano nel mondo letterario riguardo alle trame narrative. Il primo, il più tenace di tutti, vuole che le trame narrative siano già nella testa dell’autore prima ancora di cominciare a scrivere. Alcuni parlano addirittura di scalette, di schemini, di plot da seguire passo passo mentre si procede nella scrittura. 

Questa tesi, che è tipica degli sceneggiatori del cinema, va smentita riguardo la letteratura. Quasi mai l’autore ha un’idea precisa di quello che andrà a raccontare. Spesso ne sa poco. Ancora più spesso non sa quasi nulla. Come è possibile questo? È possibile perché la scrittura è una forma di svelamento di se stessi (da un lato) e a se stessi dall’altro. […]

Allo stesso modo la pensava la scrittrice americana Flannery o’Connor che in una lettera al suo agente letterario, Elizabeth McKee, mise ben in chiaro un concetto:

[…] Devo farle presente come lavoro. Il mio romanzo non segue uno schema: devo scrivere per scoprire cosa sto facendo.[…]

Concordate con le posizioni di Cotroneo e della scrittrice americana? In linea di massima sono abbastanza simili, per loro (e non solo) la scrittura è un momento di scoperta e di rivelazione nel suo divenire.   

Ascoltiamo invece l’esperienza di Andrea Tomasi, che ha scritto “Le insospettabili che rapirono Salvini”, un romanzo ricco di colpi scena, da eventi rocamboleschi e personaggi diversissimi tra loro. Come fa un autore a gestire una trama così densa di fatti e di personaggi? Glielo abbiamo chiesto!

Il punto di vista di Andrea Tomasi

Per alcuni scrittori il processo di scrittura non può iniziare con delle costrizioni. Buttare giù uno schema per orientarsi nella storia che si vuole raccontare  può essere un grande limite alla creatività. Tu cosa ne pensi? 

Premesso che non mi sento uno scrittore, per me gli scrittori sono altri, diciamo che sono uno che sa scrivere, se non altro perché lo faccio di lavoro, faccio il giornalista, ho fatto produzioni, video, radio e carta stampata. Per quanto riguarda gli schemi, non li ho fatti. Non ho fatto neanche nessuna brutta copia quando ho scritto il romanzo. L’unica cosa che ho fatto è stato individuare le tre protagoniste, le insospettabili che rapirono Salvini, quattro donne incazzatissime , Mila, Silvia Federica e Barbara. Una volta puntato il riflettore su di loro andavo a braccio, nel senso che il libro è partito con la descrizione della quattro donne poi in ogni capitolo raccontavo un pezzetto di evoluzione di questo piano improbabile di rapimento di Matteo Salvini. 

Diciamo quindi che non ho fatto nessuno schema salvo, ovviamente, le revisioni del caso che ho affidato ad alcune amiche, e sottolineo il femminile, perché sono state importanti nella consulenza anche  per quanto riguarda lo humor al femminile, cosa non facile per un maschio.

E’ una cosa che mi porto dietro da sempre, nel senso che la scrittura è sempre stata un po’ la mia dimensione, anche al liceo facevo i temi in bella copia. Vi dico solo che alla maturità ho fatto una finta brutta copia perché sapevo di rischiare di passare per arrogante e quindi ho fatto la bella copia e poi la bella copia della bella copia. Questo perché ho facilità di scrittura, il che non vuol dire necessariamente una scrittura eccelsa. In questo caso credo che il risultato sia buono, nel senso che con “Le insospettabili che rapirono Salvini” il mio obiettivo era creare un racconto leggero per trasportare materiale pesante.

Curiosissime le affermazioni di Andrea, che come abbiamo capito non ama gli schemi, non ci è abituato, non gli sono congeniali perché appunto “va a braccio”. Riallacciandomi all’ultima frase di Andrea, voglio ricordare, ma lo approfondiremo comunque più avanti, che Andrea Tomasi quando dice che il suo obiettivo è stato quello “di creare un racconto leggero per trasportare materiale pesante”, si riferisce al succo della storia del suo romanzo. Le insospettabili che rapirono Salvini, infatti, trae spunto da un fatto drammatico di cronaca, la contaminazione da Pfas in Veneto, per parlare in chiave comica e leggera di un argomento devastante che mette a rischio la nostra salute e il futuro dei nostri figli. I Pfas sono sostanze impermeabilizzanti inodori, incolori e insapori con cui è stata compromessa una falda acquifera grande come il lago di Garda. Per anni la gente ha bevuto quell’acqua, ha respirato quell’aria. I Pfas sono all’origine di malattie (tumori, problemi alla tiroide, allo sviluppo cerebrale e, nei bambini, ad uno sviluppo anomalo dell’apparato genitale). Se volete approfondire di più sul libro di Andrea Tomasi come al solito vi lascio il link alla mia intervista che gli ho fatto qualche mese fa. 

Torneremo ad Andrea più avanti e lo interpelleremo ancora proprio per parlarci in dettaglio della struttura del suo romanzo.

Lo schema nella scrittura creativa: il fronte dei “sì”

Come dicevo all’inizio dell’appuntamento i fronti sono due in merito all’utilizzo o meno di scalette o schemi prima (o durante) la stesura del romanzo. Abbiamo ascoltato il fronte del “no”, però vi dico che, altrettanto interessanti ho trovato anche alcune considerazioni da chi la pensa in modo diametralmente opposto. Ragioniamo insieme ad esempio sulle considerazioni che fa la giallista Patricia Highsmith:

[…] Io ritengo che sia un ottimo sistema, per uno scrittore esordiente, fare una scaletta capitolo per capitolo – anche se gli appunti saranno brevi – perché i giovani scrittori tendono molto a divagare. Il punto iniziale per la scaletta di un capitolo dovrebbe essere chiedersi: “in che modo questo capitolo farà avanzare la storia?” . Se avete in mente un’idea vaga, atmosferica, da prosa aulica, state bene in guardia: potrebbe essere saggio scartarla, se non si riesce a farla arrivare al sodo in un punto o due. Se però vi pare che l’idea che avete per un capitolo farà avanzare la storia, dovreste elencare i punti essenziali da trattare in questo stesso capitolo. A volte ce n’è uno solo […]  A volte ce ne sono tre. Elencarli su un pezzo di carta, a fianco della macchina da scrivere, farà sì che non ne trascuriate nessuno. Ancora oggi, dopo aver pubblicato una ventina di libri, a volte butto giù i punti salienti. Col romanzo “Sconosciuti in treno” mi sarei risparmiata un bel po’ di lavoro se avessi fatto così fin dall’inizio. Non c’è niente di male a farlo, anche da esperti, perché rende concreto il lavoro che ci aspetta. […]

Mi piace moltissimo questa considerazione della Highsmith e vi dico anche che la condivido appieno. Non saprei vivere senza scalette o schemi. Vi confesso che per ogni personaggio, ogni situazione che voglio raccontare buttò giù una guida, una sorta di strada maestra, una cometa che indica la strada. Questo però non significa che ho i paraocchi e che devo seguirla necessariamente. Se il mio personaggio mentre scrivo, sento che ha caratteristiche diverse da quelle che inizialmente volevo dargli, beh, cambio! 

Le insospettabili che rapirono Salvini

Ritorno al nostro ospite, Andrea Tomasi, autore delle Le insospettabili che rapirono Salvini, per chiedergli qualcosa in più sul suo libro, ma innanzitutto capire qual è stata la difficoltà maggiore che ha incontrato nel suo processo di scrittura. 

Le insospettabili che rapirono Salvini è una storia rocambolesca e ricca di colpi di scena che però, si basa su un fatto di cronaca molto drammatico. Qual è la difficoltà maggiore (se ne hai incontrate) nel processo creativo di questa storia?

Mi rendo conto che dire cose del genere a persone che sanno scrivere molto meglio di me suona presuntuoso, però questo è stato l’iter di scrittura di questo docu-romanzo. Ripeto, le revisioni ci sono state perché comunque dovevo combinare la parte di fiction in chiave comica con la parte di  documentazione giornalista. Ecco, forse la parte di lavoro vero, più importante, è stato quello di riuscire a mettere insieme i documenti inattaccabili (perché frutto di lavori che avevo già fatto e comunque di documenti di un’inchiesta giudiziaria), con la parte creativa, di invenzione, e combinare quindi il tono comico con il dramma della verità. 

Parliamo di una contaminazione che ha devastato una falda acquifera grande come il Lago di Garda e che oggi riguarda 300 mila persone e potenzialmente 800 mila. Parliamo di un avvelenamento importantissimo di cui si parla poco, e non dimentichiamo che il problema non riguarda solo le province di Vicenza, Padova e Verona, ma riguarda tutta Italia. Sono, infatti, coinvolte varie regioni e non dimentichiamoci sopratutto che il cibo proveniente dalla zona contaminata in Veneto finisce anche sulle nostre tavole, perché il Veneto è uno dei granai d’Italia. 

Quindi per tornare al discorso di prima, il lavoro è stato al di là dello schema, “schematizzare” mentalmente una combinazione “digeribile” della verità drammatica con la leggerezza del racconto comico. 

Beh devo dire che provo un’invidia allucinante per Andrea perché io sono totalmente dipendente da carta e penna, che non riuscirei neanche lontanamente a scrivere una storia, un romanzo o anche un racconto breve senza aver prima buttato giù i punti salienti della mia storia. Se andassi a braccio credo che mi “incarterei” mani e piedi. 

Chiudo con Andrea, che ringrazio tantissimo per i suoi interventi, dandovi qualche titolo di libri e docufilm realizzati per approfondire i suoi lavori e farvi incuriosire dal suo libro che ricordo si chiama Le insospettabili che rapirono Salvini” edito da Terra Nuova Edizioni.

Chi è Andrea Tomasi

Andrea Tomasi, giornalista e documentarista, si occupa di ambiente, salute e incazzature varie. È autore di libri e docufilm: Fotocamera con Vista (Il Margine, 2009), La farfalla avvelenata (Città del Sole edizioni – 2012), Veleni in paradiso (docufilm – 2014), Un filo appeso al cielo (docufilm – 2016), Pesticidi, siamo alla frutta (docufilm – 2018), Pfas, quando le mamme si incazzano (docufilm – 2019), Donne Dolomitiche (Accademia della Montagna – Tms, 2020).

Se come me siete particolarmente sensibili a tali materie vi consiglio di seguire Andrea perché ne scoprirete delle belle, anzi, purtroppo, delle brutte.

Perché dobbiamo necessariamente lasciare campo agli editors?

Voglio chiudere questo approfondimento con un input che una scrittrice americana Alice Adams (1926-1999) diede al pubblico durante una sua conferenza e poi con uno stralcio tratto da Patricia Hignsmith, Come si scrive un giallo perché credo, che almeno quest’ultima, pone la questione in un modo che mi piace molto. Ascoltate: 

[…] Per quanto io possa sembrare trascurata nel costruire la trama e nello scrivere, credo fermamente nel prevedere un capitolo oltre quello che sto scrivendo, e di solito ciò occupa più di un giorno di scrittura. Ci sono autori esordienti che possono continuare a caracollare, e riempire in un battibaleno 200 pagine, ma in genere c’è un editor a fare il lavoro al loro posto, a trovare le incongruenze nella trama e i comportamenti illogici dei personaggi. Scrivere in questo modo è contemporaneamente segno di pigrizia e di insensibilità. Un autore dovrebbe sempre essere sensibile all’effetto che crea sulla carta, alla verosimiglianza di quello che scrive. Dovrebbe sentire quando qualcosa non va con la stessa rapidità con cui un meccanico avverte un rumore strano in un motore; e dovrebbe correggerlo prima che peggiori […]

Chiudo l’argomento dello schema nella scrittura creativa con questa abitudine di scrittura di questa scrittrice americana Alice Adams che durante un conferenza disse che per scrivere i suoi racconti si serviva di una specie di formula che aveva chiamato ABDCE (Action, Background, Develompment, Climax and Ending) vale a dire Azione, Retroscena, Sviluppo, momento massimo di Suspense, Finale. L’autrice dice: 

[…] Tutto parte da un’azione abbastanza coinvolgente da invogliarci alla lettura e a invogliarci a volerne sapere di più. Il retroscena è la fase in cui l’autore presenta i personaggi ci fa sapere come si sono incontrati e racconta i fatti precedenti la narrazione. Si sviluppano quindi tali personaggi così che il lettore sappia ciò che li interessa di più. La trama – che si compone di dramma, azione e tensione – emergerà di conseguenza. Li porterete avanti finché tutto non convoglierà nel climax, dopo il quale le cose saranno diverse per i protagonisti, diverse nel senso più reale del termine. Poi ecco il finale: come ci sembra siano diventate queste persone, che cos’è rimasto loro, cos’è accaduto e che significato ha? […]

Approfondimenti e consigli di lettura

Alice Adams foto di PeterLinenthal298 da Wikipedia

intervista ad Andrea Tomasi

PATRICIA HIGHSMITH, Come si scrive un giallo, Minimun fax

ROBERTO COTRONEO, Manuale di scrittura creativa per principianti 

FLANNERY O’CONNOR, Un irragionevole uso dell’irragionevole, Minimun fax

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