Dentro me. Fuori da me

di Elisabetta Giannini

Anche questa notte corpo e mente si erano scisse. Tra di loro e da lei. Da una parte la completa immobilità e l’abbandono che la faceva sprofondare nel materasso, dall’altra una veglia instancabile e forte che lottava contro questa sua paralisi notturna. La mente attiva in un corpo inattivo. Sveglia lei con i suoi sensi.

I fruscii e poi le voci ovattate attorno, ne scorgeva le tonalità e l’origine, ma mai riusciva a ricavarne parole chiare o messaggi. Ormai le erano familiari i toni, ed i rumori erano sempre gli stessi, sin dalla prima volta che le era successo. Nonostante conoscesse bene il decorso di questi eventi di sonno cosciente, ogni volta cercava di ribellarsi, di muovere una qualsiasi parte del corpo che innescasse un effetto domino di movimenti che l’avrebbero scossa e liberata da quell’immobilità. Eppure costava fatica, si sentiva arpionata al materasso, senza possibilità di muovere nessuna parte del suo corpo, alcuna estremità. Combatteva, cercava parti del suo corpo alleate, una falange, un piede, la bocca per emettere un suono…le palpebre. 

Il copione era già noto, i sussurri attorno si attenuavano mano a mano che la sua veglia si rafforzava, mano a mano che la sua mente diveniva più lucida. Fino a che arrivava il silenzio attorno. Un silenzio reale o ancora solo sognato? A quel punto le terminazioni nervose si spostavano sul tatto, e tutto insieme arrivavano le pressioni sul suo corpo, il sentirsi scivolare addosso le lenzuola, il cuore che batteva come un tamburo in allarme, la gola che si comprimeva ancora in cerca di far uscire un suono, un suono qualsiasi per ritrovare complicità con la mente e riportare tutto al reale. Ma nulla. La sequenza era sempre la stessa, così dopo l’aumento del ritmo cardiaco, la pressione sul petto. Mancava poco, davvero poco e ne sarebbe uscita. Adesso doveva rilassarsi ed attendere.

Alle volte il risveglio era brusco, tanto da farla ritrovare seduta sul letto. Questa volta no, le palpebre seguirono dolcemente i suoi comandi e si aprirono, attivando la vista di una luce bianca mattutina che evidenziava la miriade di particelle di polvere sospese nella stanza. Le persiane dovevano essersi leggermente aperte durante la notte e ora lasciavano entrare un raggio di sole tiepido che illuminava la spalla nuda fuori dalle lenzuola. Ma senza rendersene conto, gli occhi subito si richiusero e Janine ripiombò nella lotta accesa tra la veglia ed il sonno.  Passarono pochi minuti, ma a lei sembrarono un’eternità.

Finalmente accantonate quelle prime ore del mattino tormentate, Janine si svegliò del tutto ed iniziò a seguire con lo sguardo una mosca che volava nello spiraglio di luce. Quel ritorno alla realtà la rassicurò ed iniziò a godere dei sensi trascurati dalle battaglie notturne. Tralasciò i rumori di sottofondo delle stradine ancora poco affollate e si concentrò sul calore che le invadeva il viso, il petto e la spalla e sui mille odori che provenivano da fuori. Il caffè forte del bar sotto la finestra si insinuava prepotente dentro casa e si rafforzava durante la mattina, accompagnato dall’odore di fritto dei churros non altrettanto mattinieri. In quel momento le sarebbe piaciuto sentire solamente l’odore dei glicini che coprivano la facciata del palazzetto di fronte, ma poteva goderne solo quando si svegliava molto presto o la domenica, quando tutte le attività nella stradina erano chiuse o si attivavano nella tarda mattinata.

Il respiro faceva sua ogni leggera folata di vento fresco. Anche i suoi timpani venivano solleticati ora, dal rumore, il fruscio della vita che dilagava nel vecchio quartiere. Le voci morbide che le arrivavano come carezze insieme al calore del sole. Il tintinnio di vetri e posate. Allungò un braccio all’indietro sulle lenzuola e trovò Jasper accucciato dietro di lei. Nel preciso istante in cui si girò pigramente per ricevere il fresco dell’aria che entrava sulla schiena notò Jasper e Daniel dormire sereni a contatto l’uno con l’altro in un’ombra salata deposta sulle lenzuola. I loro respiri viaggiavano all’unisono.

Quella mattina era priva di orari e scadenze da rispettare. Per questo la notte prima erano tornati così tardi. Una notte disordinata e rumorosa, come tutte le notti trascorse nel quartiere. Ma poi si erano spinti sulla spiaggia, Daniel voleva passare del tempo solo con lei. Eppure questa volta tutto le sembrava così estraneo. Aver trascorso tutti quei giorni lontana da casa per quel monitoraggio l’aveva rimessa in asse con se stessa, con il suo desiderio di calma che ormai Daniel non sembrava poterle più dare. Provava un profondo disturbo nel non aver ancora messo a fuoco cosa, da un po’di tempo a quella parte, la stava allontanando da lui. Si sentiva lasciata indietro perché sazia prima di lui. Lui andava avanti e divorava tutto, mentre a lei restavano le briciole. Lei prendeva le distanze dalle cose, mentre lui si buttava a capofitto e affondava gli artigli. Lei si muoveva docile e silenziosa, mentre lui scattava e correva incontro ai suoi impegni, incontro alle tante persone, troppe, che riempivano la sua vita. Del resto nascondere era un verbo che conoscevano bene, ma non riuscivano ad applicare nel reciproco scambiarsi messaggi con gli occhi. Quante volte si erano guardati comunicandosi tutto, il loro dolore, la loro assenza, il loro allontanarsi, senza accompagnare quegli sguardi a un messaggio sonoro, che avrebbe infranto la delicata sofferenza che si portavano dentro da un po’.

Si alzò dal letto e si diresse in cucina con l’intento di far rumore e di svegliarlo. Era chiaro che qualsiasi suo timido tentativo non poteva essere sufficientemente rumoroso da far rinvenire un uomo da una sbronza colossale. Nel tentativo di recuperare il barattolo del caffè dalla dispensa Janine fece cadere quello del sale. Il vetro robusto resistette all’urto col pavimento, ma il coperchio saltò seguito dai granelli di sale grosso.  Guardò la distesa di detrito bianco sul pavimento e rassegnata recuperò la caffettiera per improvvisare un caffè riparatore.

Daniel comparve sulla porta illuminato dal suo splendido sorriso che ogni volta la sorprendeva dolcemente. Si diresse verso di lei, calpestando i granelli del minerale e senza provare fastidio la raggiunse e le buttò le braccia tese sulle spalle per essere tanto vicino da baciarla. Poi la strinse a se tanto da passarle tutto il suo calore. Cercò di sussurrarle qualcosa nell’orecchio, ma le arrivò solo un tiepido odore di vodka. Le sensazioni erano talmente intense in lei che considerò tutte quelle attenzioni seriamente,  tanto da rimettere tutto in discussione di nuovo. Succedeva di nuovo. Ciò che le bruciava è che Daniel non si era mai guadagnato tutta quella fiducia, tutto quel rispetto, era stata solo lei a concederglieli.

Si ritrovò a seguirlo in camera da letto, calpestando tutta la distesa di sale, chiedendosi come lui non potesse provare fastidio. Si sdraiarono uno accanto all’altro sul letto e lui iniziò ad accarezzarle, con tutta l’attenzione del mondo i capelli, il viso, il collo e continuava a baciarla. Era certa di essere amata da quest’uomo. In questi momenti di intense attenzioni da parte sua non poteva che esserne sicura ed erano proprio gli istanti che li rendevano uno parte dell’altro, le debolezze e le forze di entrambi erano fuse e non c’era una via d’uscita ragionevole.

Come sarebbe trascorsa quella manciata di ore della mattina era ormai chiaro. I loro movimenti erano lenti ed attenti a non perdere nessun frammento di piacere che sapevano donarsi l’un l’altro. Seppure i rumori che provenivano da fuori erano tanto intensi da coprire i loro gemiti, questi rimanevano lievi, quasi inesistenti, udibili solo da loro due. Ma era proprio nel momento di massimo piacere che i loro corpi si allontanavano, quasi a non voler condividere, a mantenere uno spazio individuale non colmabile uno con l’altro. Si respingevano, mantenevano questa distanza, per poi ricadersi addosso a respirare con ritmi diversi, ma affannati allo stesso modo. Daniel si riaddormentò, Janine si alzò lentamente dal letto, tolse alcuni granelli di sale rimasti incastonati sotto la pianta del piede, si infilò jeans e maglietta, prese in cucina la shopper e scese a cercare un forno.

8 Comments

  • Giulia

    Delicato e profondo, intenso nella descrizione delle situazioni.

    Giugno 29, 2020 - 2:04 pm
  • Michela Alfano

    Bellissimo

    Giugno 29, 2020 - 4:29 pm
  • Margherita

    Una scrittura veloce ma allo stesso tempo piena di dettagli che attira il lettore. Brava

    Giugno 30, 2020 - 1:31 pm
  • Laura

    Molto bello

    Giugno 30, 2020 - 3:34 pm
  • Stella

    Denso ed introspettivo senza essere melenso.

    Giugno 30, 2020 - 5:06 pm
  • Valentina

    Mi piace moltissimo, complimenti!

    Giugno 30, 2020 - 6:32 pm
  • Brujita

    Delicato e allo stesso tempo intenso, ricco di dettagli che catapultano il lettore direttamente nella scena descritta….bravissima!!!

    Giugno 30, 2020 - 7:44 pm
  • Sara Nicolis

    Brava! Ho visto tutto!

    Luglio 1, 2020 - 5:49 am

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