Confessioni di Tolstoj: il senso della vita
Un diario intimo nel quale lo scrittore racconta la sua crisi
Confessioni di Tolstoj: la complicata vicenda della pubblicazione
Confessioni di Tolstoj edito da Marietti1820 è uno di quei libri che devono necessariamente essere presenti nella nostra biblioteca. E non date retta a chi afferma che sia una lettura deprimente, tutt’altro. Innanzitutto, ci fa capire che le domande universali ce le facciamo tutti, che non siamo soli quando ci affacciamo a quel buco nero infinito che sembra risucchiarci ogni volta che proviamo a dare un senso alle cose che facciamo, un senso alla nostra vita.
Il libro, è impreziosito da una interessante prefazione di Pier Cesare Bori e da una parte finale a cura di Maria Bianca Luporini. Entrambi i testi ci permettono di inquadrare meglio le tappe della crisi personale e del pensiero di Tolstoj descritte in questo splendido testo.
Lo scrittore russo lavorò a questo libricino (parliamo di poco più di 100 pagine) tra il 1879 e il 1882, ma in Russia fu proibito a causa della censura ecclesiastica. L’opera, però, ebbe ugualmente successo, perché finì tra le pubblicazioni clandestine, e nei circoli studenteschi circolò a 3 rubli a copia, in migliaia di copie…
Fu pubblicato integralmente per la prima volta in Svizzera nel 1884 e in Russia, sempre per la prima volta, solo nel 1906.
Confessioni di Tolstoj edito da Marietti1820 è impreziosito da una sorta di introduzione scritta dallo stesso Tolstoj, Ricerca della vera fede. Si tratta di uno scritto pubblicato recentemente in Russia e che fa riferimento ad un manoscritto di 106 pagine quasi completamente inedito. Possiamo considerare questo piccolo testo una sorta di cellula originaria di Confessioni.
Nel titolo di questo paragrafo anticipo che la pubblicazione del libro subì diversi scossoni e battute di arresto. Non filò tutto liscio. Tolstoj, infatti, modificò il testo in diverse occasioni. Nel 1882 lo scrittore russo consegnò il manoscritto alla rivista “Russkaja mysl’” con diverse correzioni stilistiche che mancano, invece, nel testo affidato alla casa editrice svizzera Elpidine nel 1884. Quest’ultima la possiamo considerare certamente più genuina, perché priva di tutte quelle limature che lo scrittore dovette operare a causa della censura (lo testimoniano i manoscritti tutt’ora conservati, ricopiati dalla moglie).
La presente edizione è stata condotta prendendo come riferimento l’edizione critica pubblicata a Mosca tra il 1928 e il 1958, citando però tanto le parti escluse dalla censura, quanto quelle stilisticamente più curate da Tolstoj. Un testo completo quindi, che sono certa vi appassionerà tanto quanto ha appassionato me.
Confessioni di Tolstoj: la crisi di mezza età
circa cinquant’anni Tolstoj ebbe una forte crisi esistenziale che ripercorre nel suo diario attraverso alcune tappe salienti della sua vita. “E’ il senso della vita che non riesce a trovare”.
Inizialmente si affidò alla ragione per dare un senso all’esistenza. Ed è proprio a questo punto che la crisi diventa insostenibile. Come gli uomini del suo tempo e della sua cerchia di amici, abbracciò il punto di vista illuministico e positivistico secondo cui la vita è sviluppo, progresso necessario, mentre la religione è relegata a mera superstizione. Pensava di aver trovato la strada giusta ma poi capì che era quella sbagliata.
Cercò allora il senso della vita negli altri, nella famiglia, ma non gli bastava comunque, e allora meditò il suicidio (“La verità era questa: che la vita è non-senso”) ma non ebbe il coraggio:
“Ed ecco allora che io, uomo felice, portai via una corda della mia stanza, dove ogni sera restavo solo a spogliarmi, per non impiccarmi a una trave fra gli armadi e smisi di andare a caccia col fucile per non venir tentato da un modo troppo facile di sbarazzarmi della vita. Io stesso non sapevo cosa volevo: avevo paura della vita, anelavo a staccarmene, e tuttavia sperava ancora qualcosa da essa”
Ad un certo punto della crisi, Tolstoj pensò che forse l’unico modo per trovare il senso della vita fosse quello di analizzare la vita stessa attraverso gli uomini. Arrivò così alla conclusione che al mondo ci sono 3 tipi di persone che si relazionano alla vita in questo modo:
Gli ignoranti, a cui appartengono, dice Tolstoj, le donne (sigh!) e i giovani. Persone ottuse che non vogliono né sapere né comprendere che la vita è male e non-senso;
Gli epicureisti, che pur riconoscendo la situazione disperata della vita, cercano comunque di viverla appieno sfruttando e godendo dei beni del momento;
I forti. Cioè coloro che alla fine trovano il coraggio di farla finita e si ammazzano;
I deboli, categoria a cui Tolstoj dice di appartenere. Sono persone che non hanno avuto la forza di uccidersi e continuano a trascinarsi nella vita. Sanno che la morte è meglio della vita, non fanno nulla per chiudere la partita e restano lì, in attesa che qualcosa cambi.
Tolstoj nel corso delle sue crisi approda anche alla religione e intuisce che, forse, l’unica via è quella. Ma le critiche che fa alla religione ortodossa sono spietate. E allora? E allora non vi svelo certo il resto!
Il libro è un bellissimo viaggio nell’anima di uno dei più grandi scrittori della letteratura mondiale. Attraverso le pagine di “Confessioni di Tolstoj” scoprirete quanto, a distanza di centinaia di anni questo scrittore dall’animo irrequieto e dalla mente fervida, sia attuale.
Nel suo diario Tolstoj usa una lingua semplice, chiara a tutti. E’ evidente che non ha nessuna voglia di fare “letteratura” come ci fa notare la curatrice, Maria Bianca Luporini. Lo scrittore russo, infatti, usa termini comuni e si ispira alla semplicità delle immagini e dei concetti della Bibbia per trasferire i suoi messaggi e le sue angosce.
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