Petruška e Pulcinella sono fratelli?
Gli skomorochi
Petruška è un personaggio del teatro popolare russo noto fin dal XVII secolo e presente negli antichi spettacoli di cantastorie, gli skomorochi, fiere itineranti in cui gli attori raccontavano fiabe, si esibivano in numeri musicali, teatrali e di danza. Una sorta di “buffoni” che nel tempo furono anche perseguitati dalla Chiesa e dalle autorità civili.
Inizialmente i burattinai non avevano un palco ma se lo organizzavano…addosso! Si mettevano un lungo lenzuolo sui fianchi e lo stringevano con una cordicella. Tiravano su il lenzuolo con le braccia e ed ecco pronto il teatrino! E’ solo nel XIX secolo che i burattinai si organizzano meglio. Le esibizioni di Petruška, infatti, si perfezioneranno con un piccolo siparietto a terra che nascondeva i burattini.
Petruška è un personaggio spavaldo e dal linguaggio schietto, con una lingua tagliente, sarcastico e arrogante. Al tempo di Pietro il Grande non era difficile individuare tra le battute di Petruška riferimenti a fatti e persone del tempo. Per questo motivo la polizia non dav a questi attori un attimo di tregua, ma questi riuscivano sempre a trovare il mondo di rigirare la frittata e a farla franca.
Petruška era appannaggio solo dei maschi. Per poter attrarre pubblico era necessaria, infatti, una voce forte e risoluta e una voce femminile non era adatta. Inoltre, le performance di Petruška sia accompagnavano al suono di un organo a manovella e alla pivetta, uno strumento musicale che si metteva in bocca per creare una voce stridula e acuta. Era impossibile non accorgersi della sua presenza così come era impossibile resistere a suo richiamo. Le trame dello spettacolo erano di solito scene satiriche in cui Petruška sconfiggeva tutti e tutto: preti, polizia, diavoli e addirittura la morte!.
Poiché gli skomorochi erano persone libere, prevalentemente girovaghi, che rispettavano poco le legge e spesso rubavano perché vivevano di espedienti, nel XVII sec fu bandita la “buffoneria” con ben due decreti (1648 e nel 1657). Gli skomorochi svanirono a poco a poco, ma molte caratteristiche della loro arte, specialmente quella legata alla risata, sono rimaste nel folklore popolare, proprio come la figura di Petruška.
I fratelli di Petruška
Pare che il russo Petruška abbia fratelli sparsi in tutto il mondo: un certo Pulcinella in Italia, Polichinelle in Francia, Mr Punch in Inghilterra, Hanswurst in Germania, Karagöz in Turchia e Vidushak in India.
A parte gli ultimi due, tutti gli altri “fratelli” sono simili caratterialmente (sono burloni e prediligono la satira feroce), hanno il naso adunco, sono magrolini, qualcuno ha la gobba, hanno la pelle biscottata e non sono per niente educati.
Diciamo che questi non sono casi isolati, perché tanti Petruška o Pulcinella si trovano anche in Iran (dove c’è Mobarak), in Ungheria (Vitez-Lazlo), e in Grecia, in Sud Africa, in Cina (con la Saga dello Scimmiottino). Insomma è evidente che Petruška, così come Pulcinella, incarna dei “tipi” universali che si affermano tra tutti i popoli autonomamente.
Petruška ormai è a pieno titolo una figura amatissima dai bambini, e fa parte del teatro dei burattini. E’ un giovane divertente, di umili origini, un contadino che canta stornelli, sa recitare ed è un maestro nel creare indovinelli. Non c’è più nulla di sarcastico e pungente nelle sue battute. E’ un personaggio tutto sommato dolce, sempre un po’ birichino, ma pacifico e gioioso.
Poiché all’inizio del XX secolo, gli spettacoli di Petrushka iniziano a sparire e ad apparire solo durante le feste dei bambini, il testo delle scenette, per causa di forza maggiore, dovette cambiare in qualcosa di più adatto. Un esempio è certamente il lavoro di S. Ya. Marshak, che nel 1927 scrisse un’opera teatrale per il teatro per bambini “Petrushka lo straniero”.
Petruška è una maschera simbolo in Russia ed è stata immortalata anche da grandi pittori tra cui Leonid Ivanovich Solomatkin (1837-1883). L’artista, che ha sempre rappresentato scene di vita quotidiana delle classi più disagiate, non poteva non rappresentare il teatro dei burattini che si improvvisava per strada con adulti e bambini pronti ad applaudire. Delle sue opere ne ricordiamo due, un “Petrushka” del 1878 ( che raffigura la scena del matrimonio di Petrushka) e uno del 1882. Come lui, anche Sergei Sudeikin e Alexander Tyshler hanno rappresentato Petruška nei loro dipinti.
Petruška infine è anche il protagonista dell’omonimo balletto su musiche di Igor’ Fëdorovič Stravinskij.
E di Pulcinella che sappiamo?
Sappiamo certamente che ha tante cose in comune con Petruška e per molte possiamo individuarne l’origine. Innanzitutto sappiamo che la maschera di Pulcinella è antica quanto quella di Petruška, forse di più. Una tradizione abbastanza consolidata, infatti, la fa risalire al 1300 dal momento che in alcune poesie dell’epoca, la parola “pulcinella” veniva utilizzata come sinonimo di “cialtrone”.
Le ipotesi sul nome sono diverse: c’è chi lo fa discendere da “pulcinello”, cioè un piccolo pulcino per via del naso adunco, e c’è invece chi sostiene che derivi dal cognome di un certo contadino di Acerra, Puccio d’Aniello, nel ‘600 si unì come “buffone” ad una compagnia di girovaghi.
La maschera si afferma nel ‘500 e Pulcinella inizia a girare per le piazze con le sue buffonate. Rappresenta l’uomo semplice, il povero e la plebe in genere. Incarna gli istinti più primitivi di chi conosce solo l’arte di arrangiarsi per mantenersi a galla in una società sempre più ostile. Pulcinella è, però, anche specchio dell’intera società, dei suoi vizi e dei suoi difetti, e non è raro vedere spesso come incarni i suoi opposti: a volte è ricco altre è povero, a volte è contadino altre volte oste, ladro, codardo e fannullone.
Come per Petruška, la furbizia è il suo tratto distintivo. In mille modi rocamboleschi riesce sempre ad avere la meglio, specialmente sui potenti di cui si prende costantemente gioco.
La maschera di Pulcinella ha fatto la sua fortuna a Napoli nel Settecento, che ne fece un vero e proprio simbolo di “napoletanità. Pulcinella incarna, infatti, gran parte delle caratteristiche del popolo napoletano: è furbo, malandrino, svelto e anche fannullone quando proprio non gli va di fare nulla.
L’arte di arrangiarsi è l’arte di Pulcinella così come quella dei napoletani. C’è addirittura chi sostiene che la maschera di Pulcinella abbia caratteristiche somatiche uguali a quelle dei napoletani che vivono nei vicoli stretti e bui della città: le arcate sopracciliari pronunciate e gli occhi incavati (La vera storia del cranio di Pulcinella, ed Magi)
Il segreto di Pulcinella
Un’altra caratteristica che lo lega molto al carattere dei napoletani è la “chiacchiera”. Pulcinella per poter fregare il prossimo deve giocare con le parole, confondere e coinvolgere quanta più gente possibile, “buttare tutto in caciara” come si dice a Roma, confondere le acque e farla franca. Vi è mai capitato di chiedere un’informazione a Napoli? Provate a farlo, e nel giro di qualche minuto lo sapranno almeno dieci persone.“
“Scusate” vi rivolgete al salumiere sulla soglia del suo negozio “sapete dove si trova la statua di Pulcinella?
“eee…sì, mi pare non lontano da qui. Aspettate che lo chiedo a mia figlia”. “Lenuccia a papà, ti ricordi dove sta la statua di Pulcinella?”
Lenuccia vi guarda, esce dal negozio e vi viene incontro, e con voce squillante vi dice:
“Sì sì, non sta lontano da qua, due passi, girate il vicolo e la trovate. E’ o’ vero Adelina?” Si rivolge alla signora del negozio affianco che nel frattempo era appoggiata al muro della sua merceria e si guardava la scena.
“Nooooo. Ma che stai dicendo! Il signore deve fare almeno 700-800 metri a piedi, sempre dritto e se lo trova di fronte!” risponde la signora.
“Ma quando mai!!! Ti stai confondendo con un’altra cosa!” le risponde Lenuccia che nel frattempo è stata raggiunta dal padre che ha appena finito di servire una signora e vuole dare il suo contributo alla causa. Eh sì, perché a Napoli, se c’è da aiutare qualcuno, è sempre una causa, una causa giusta!
Mentre le due battibeccano per darvi l’informazione corretta, sono già spuntate altre teste dai negozi accanto, pronte a dare il proprio contributo a cui si aggiunge inevitabilmente qualche passante che dice la sua e vi dà la “giusta” direzione. I galli a cantare sono tanti, la confusione aumenta e voi non ci capite più niente. Fino a quando all’improvviso qualcuno vi dice:
“Allora avete capito dov’è?
“No…” rispondete desolati e un po’ in colpa per aver scatenato quel putiferio.
“Vabbuo’ ho capito, vi dice Lenuccia, “sta qua dietro, venite con me, vi accompagno io!”.
State certi che a Napoli se chiedete aiuto, la vostra richiesta non resterà mai lettera morta. Tutto questo sproloquio per dirvi che Pulcinella raccontava tutto a tutti e si faceva i fatti degli altri, ecco perché si dice “il segreto di Pulcinella”, un fatto in bocca a Pulcinella tutto è fuorché un segreto!.
A Napoli, nel Settecento, la maschera di Pulcinella fu accolta con tanta passione che divenne parte integrante dello spirito napoletano a tal punto che gli verrà costruito appositamente un teatro, il San Carlino, realizzato nel XVIII secolo per ospitare esclusivamente le commedie in dialetto.
L’unica cosa su cui divergono Petruška e Pulcinella è il colore l’abito. La veste larga e bianca di Pulcinella la si fa risalire a Maccus, un personaggio delle Atellane romane (un genere di commedia molto amata dal popolino dell’antica Roma). Maccus aveva il naso adunco e la faccia bitorzoluta, vestiva con una larga camicia, portava una mezza maschera e recitava con una voce gracchiante. Insomma, proprio come il nostro Pulcinella!
Petruška invece è sempre vestito di rosso, con la casacca tipica dei contandini, una cordicella legata in vita e un cappello lungo molto simile a quello di Pulcinella ma senza pon pon finale!
Foto di copertina da https://litvek.com/br/445976
Fonti:
https://www.shkolazhizni.ru/culture/articles/106208/
https://it.wikipedia.org/wiki/Petruška_(burattino)
https://www.flaminioonline.it/Guide/Stravinskij/Stravinskij-Petruska.html
https://gallerix.ru/storeroom/1014806736/N/928967362/
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